ROMA – Dopo che la Corte Costituzionale ha abolito il reato di plagio nel 1981, oggi due nuovi disegni di legge che parlano di manipolazione mentale ed emotiva rischiano di fatto di riabilitarlo.
E’ la denuncia di Raffaella Di Marzio, psicologa delle religioni e direttrice del centro studi Lirec.
A periziare la manipolazione nelle aule di Tribunale, che non è una condotta misurabile come accade per altri reati, dovrebbero essere verosimilmente psicologi e psichiatri. La ‘mina vagante’ nel nostro ordinamento, come la definì la Corte al tempo, legata all’interpretazione di alcuni comportamenti, rientrerebbe dalla finestra rappresentando, come osservano appunto diversi esperti, una possibile ‘minaccia’ per la libertà di tutti.
IL CASO DI ALDO BRAIBANTI
La storia emblematica è quella di Aldo Braibanti, intellettuale che alla fine degli Anni 60 viene accusato dalla famiglia del suo compagno, il ventunenne Giovanni Sanfratello, di averlo plagiato. La famiglia del giovane denunciò il poeta e drammaturgo pur di non accettare l’omosessualità del figlio. I due, testimoniarono gli amici di allora, si amavano moltissimo. Giovanni fu internato in manicomio, e Braibanti fu messo dietro le sbarre. Era l’estate del 1968. Intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Umberto Eco commentarono duramente quel processo che metteva alla gogna l’amore.
L’amore non diventa forse il capolavoro della manipolazione mentale?
Braibanti venne condannato a nove anni di reclusione, diventati quattro in appello. Scontò due anni di carcere, gli altri due gli furono condonati perché partigiano della Resistenza.
“L’incostituzionalità del reato di plagio fu stabilita dalla Corte costituzionale nel 1981- spiega appunto alla Dire Raffaella Di Marzio, psicologa delle religioni e direttrice del centro studi Lirec- dopo il caso Braibanti ci fu un altro procedimento analogo contro un sacerdote accusato da alcuni genitori di aver plagiato i figli. Iniziò un procedimento, eravamo negli Anni 70, e importanti esponenti del mondo radicale e intellettuali presentarono ricorso sul reato di plagio (voluto al tempo da Mussolini) e chiesero se fosse costituzionale. La Corte esaminò e dichiarò che era incostituzionale perché la manipolazione mentale, il lavaggio del cervello come si dice spesso, non può essere provata come un altro reato, come la truffa o la circonvenzione di incapace, proprio perché non ci sono riscontri oggettivi per poter affermare che uno manipola e uno è manipolato. La Corte ha stabilito che questo reato è una mina vagante perchè dipende da quello che il giudice pensa delle perizie psichiatriche o psicologiche che lo convincono”.
Il timore è che tutto potrebbe essere raccontato come manipolazione mentale: l’amore tra due persone, una passione, il rapporto genitori-figli e ancora meglio mamma e figli, qualsiasi fede e credo mistico, ma anche la scelta di una persona di non volersi curare o volersi curare in maniera alternativa.
“Tutto quello che non piace o risulta strano- sintetizza Di Marzio- può essere screditato o spiegato come manipolazione mentale”.
IL DDL IN COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO
Nel mese di luglio è cominciata in commissione Giustizia del Senato la discussione sui 2 ddl (uno della senatrice Tilde Minasi della Lega e altri 9 senatori, e uno di Sergio Rastrelli di Fdi e un’altra senatrice cofirmataria Anna Maria Fallucchi).
“La ragione- ripercorre la direttrice del centro Lirec- starebbe in questo allarme sette e santoni che rappresenterebbe un pericolo sociale incombente. E’ dalla metà degli Anni 90 che ogni tanto qualcuno prova a lanciare questo allarme: Minasi la chiama manipolazione mentale, Rastrelli la chiama emotiva e psicologica, ma non cambia la sostanza. Si racconta che mancando questo reato specifico i guru di queste presunte sette (numeri mai chiari, di fonti non accreditate sulla materia) non vengono condannati perché non c’è questo reato. Su questa idea che non ha una base nè sociologica nè psicologica- ribadisce la direttrice di Lirec- si fondano tutte le relazioni degli ultimi 30 anni che hanno cercato di far entrare in Parlamento. E’ bene ricordare che nelle relazioni sui numeri dei reati diramate dal ministero degli Interni non si parla mai tra i reati di sette”.
Oggi invece, va ricordato, si chiede di costituire una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno.
“Non è vero che c’è un vuoto normativo, la Corte non l’ha mai detto”, ribadisce Di Marzio, tanto è vero che operati criminali a sfondo religioso come ‘Il Forteto, Vanna Marchi, Cioni, le Bestie di Satana sono stati condannati senza bisogno di questa legge che se passa servirà solo a colpire idee e stranezze di chiunque, magari un nuovo Braibanti. I reati per perseguire certe condotte ci sono già, come ad esempio la circonvenzione di incapace’. Tanto per cominciare, secondo l’esperta, il primo nodo irrisolto è l’uso della parola setta.
“Non c’è una definizione condivisa di cosa sia una setta e i giudici, anche nel caso dell’ultima importante sentenza di Firenze- ricorda l’esperta- su un procedimento per diffamazione che ha riguardato come vittime i membri della Soka Gakkai, dicono cosa non sia una setta. Non è una setta la Soka Gakkai che ha infatti vinto la causa, non lo era nemmeno la psico-setta Archeon. I giudici dicono cosa non sia una setta (perché non è chiaro cosa lo sia) e nella sentenza di Firenze sul caso della Soka Gakkai, che farà senz’altro giurisprudenza- segnala Di Marzio- i giudici spiegano anche come l’uso di questo termine sia di per sè negativo e da evitare perché lo collegano a una istigazione all’odio e alla discriminazione”.
LE MINORANZE RELIGIOSE
Un tema che potrebbe riguardare anche le minoranze religiose che, “grazie anche ad una certa narrazione mediatica amplificata”, secondo Di Marzio, vengono descritte appunto come sette rimandando a organizzazioni in cui si usano metodi coercitivi e si commettono reati di ogni sorta. “In termini giuridici possiamo parlare di associazione a delinquere basata su idee religiose e spirituali, questo ha un significato giuridico mentre setta non ce l’ha”, puntualizza Di Marzio.
Così ricordando alcuni casi celebri la direttrice di Lirec spiega che nel caso di “Archeon è stato riconosciuto l’abuso della professione di psicologo del guru, ma è stata archiviata la violenza e la riduzione in schiavitù. Non è stata riconosciuta la setta, setta diventa di fatto un modo per identificare ciò che non piace a qualcuno”.
E nel caso della Soka Gakkai, con la sentenza di giugno scorso, il “Tribunale di Firenze segna una svolta perchè l’associazione antisette Aivs è stata condannata per aver diffamato la Soka Gakkai a pagare 35mila euro. Avevano accusato l’organizzazione religiosa buddista, che peraltro ha l’intesa con lo Stato italiano, di aver corrotto l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi per avere l’intesa, il tutto mai provato. Ma i giudici dicono di più: che la parola setta è negativa e istiga all’odio”.
“I media scelgono di dire quello che dice il pm e mai una parola al difensore e alla sentenza- ribadisce Di Marzio- e il reato di un singolo diventa il reato di un gruppo e si cercano untori. Le persone leggono con interesse i titoli che parlano di sette perché a tutti piace spostare il male fuori di sè”.
Può capitare, quindi, che legalmente non c’è il reato e non c’è il reo, ma ci sono allora il santone, il guru, il sortilegio, il gruppo che fa il lavaggio del cervello. Così Roberta Repetto, la donna morta nel 2020 per un cancro avanzato dopo essersi sottoposta all’asportazione di un neo in un centro olistico, secondo i familiari e la Procura sarebbe stata vittima di una setta che l’ha manipolata.
Eppure la Cassazione ha messo la parola fine sul caso e ha definitivamente assolto il fondatore del centro e il medico che la operò. Nonostante l’epilogo giudiziario di terzo grado, ispirata al caso di Roberta Repetto è nata un’associazione anti sette.
Un altro rischio che riguarda la manipolazione mentale, viene evidenziato, è quello che in ambito familiare possa ricordare la già smentita alienazione parentale e corollari simili.
“Proprio come la manipolazione mentale l’alienazione parentale- puntualizza la psicologa Di Marzio- non può essere provata”.
Quanto e come gli esperti possono affermare che quel bambino che rifiuta un genitore è manipolato o magari è spaventato per ciò che ha visto o subito?
“La manipolazione non è come misurare la febbre. Capita spesso- racconta Di Marzio- nei casi di separazione in cui uno dei due genitori segua una fede religiosa di un gruppo che si sostenga che il genitore è manipolato da un leader e che a sua volta alieni il figlio che vivrebbe un’esperienza simile ad una setta. In alcuni casi per questo si è arrivati nelle separazioni ad impedire la libertà di educazione religiosa da parte di uno dei due genitori’. Di Marzio si augura che il governo ‘non si faccia complice della reintroduzione di nuovi casi Braibanti. Spero ci siano audizioni al Senato- puntualizza- ma non solo di presunte vittime delle sette, ma anche di studiosi e magari di persone che felicemente aderiscono ad alcuni gruppi religiosi”.
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