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Sicurezza alimentare, l’appello di Addis Abeba


ROMA – La comunità internazionale deve fare passi più decisi e inclusivi per porre fine alla fame e alla malnutrizione nel mondo, dove oltre 673 milioni di persone soffrono la fame a diversi livelli di intensità, di cui quasi la metà sono in Africa. È quanto emerge dal ‘Rapporto 2025 sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo (Rapporto Sofi)’, presentato da Qu Dongyu, il direttore generale dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Occasione del lancio dello studio, la Conferenza internazionale sui sistemi alimentari indetta ad Addis Abeba il 28 luglio scorso dal primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed Ali, e co-presieduta dall’Italia, nella figura della premier italiana Giorgia Meloni. L’appuntamento nella capitale etiope è stato il palcoscenico perfetto per Qu Dongyu per illustrare le conclusioni dello studio realizzato dalla Fao con altri quattro organismi Onu che, pur constatando “un modesto miglioramento nei livelli di fame a livello globale, con la percentuale di persone che soffrono la fame in calo dall’8,5% nel 2023 all’8,2% nel 2024”, denuncia anche “forti disparità regionali”. I ricercatori hanno osservato che mentre Asia e America Latina hanno registrato progressi incoraggianti, la fame continua a peggiorare in Africa, dove 307 milioni di persone, pari al 20% della popolazione, soffrono di insicurezza alimentare. Le proiezioni indicano che entro il 2030, quasi il 60% delle persone a rischio di fame cronica si troverà in Africa.

QU: NO A “UN FUTURO IN CUI INTERE REGIONI VENGONO LASCIATE INDIETRO”

Il rapporto della Fao – relizzato congiuntamente con il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), il Programma alimentare mondiale (Wfp) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – evidenzia inoltre che sebbene i livelli di fame a livello globale siano diminuiti rispetto al picco del 2022, non si sono ancora ripresi dalle crisi aggravate degli ultimi anni. “Tale ripresa”, suggerisce Qu, “deve essere inclusiva: non possiamo accettare un futuro in cui intere regioni vengono lasciate indietro”. Il report Sofi calcola che oggi nel mondo 673 milioni di persone soffrono la fame, di cui 90 milioni in più rispetto al 2020, e 100 milioni in più rispetto al 2015, anno in cui sono stati lanciati gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Nel frattempo, circa 2,3 miliardi di persone hanno sperimentato un’insicurezza alimentare moderata o grave nel 2024. Guardando oltre la fame, il quadro della malnutrizione rimane contrastante. Il ritardo della crescita infantile è diminuito leggermente nell’ultimo decennio, ma il deperimento è rimasto stagnante. Peggio ancora, l’anemia tra le donne di età compresa tra 15 e 49 anni è aumentata dal 27,6% al 30,7%, con la maggior parte delle regioni che mostra stagnazione o peggioramento.

MILIONI DI PERSONE SOFFRONO LA FAME, MA ALTROVE CRESCE L’OBESITÀ

Paradossalmente, mentre milioni di persone soffrono la fame, molte altre consumano più di quanto sia salutare. L’obesità negli adulti è aumentata dal 12,1% nel 2012 al 15,8% nel 2022, un chiaro segnale del doppio peso della malnutrizione. Pertanto, gli esperti avvertono che migliorare la qualità delle diete è essenziale e a questo proposito, il rapporto Sofi di quest’anno include per la prima volta nuovi indicatori di diversità alimentare sia per i bambini che per le donne, un passo fondamentale per monitorare più efficacemente l’Obiettivo di sviluppo sostenibile 2.2. I risultati sono preoccupanti: solo un terzo dei bambini di età compresa tra 6 e 23 mesi e due terzi delle donne di età compresa tra 15 e 49 anni soddisfano i criteri minimi per la diversità alimentare. Presente all’evento dedicato al lancio del rapporto anche il vice ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Edmondo Cirielli, il quale ha ricordato come la sicurezza alimentare rappresenti “una priorità strategica per l’Italia”, che “non riguarda solo ciò che mangiamo, ma anche il futuro delle nostre società, il benessere dei nostri sistemi economici e la salute globale”.

MOHAMMED: “LA COOPERAZIONE DEVE SOSTITUIRE IL CONFLITTO”

Per il vice segretario generale delle Nazioni Unite Amina J. Mohammed, “La conoscenza è potere. Il Rapporto Sofi offre spunti di riflessione che creano consapevolezza e il potere di agire: la cooperazione deve sostituire il conflitto”. Il presidente dell’Etiopia, Taye Atske-Selassie ha definito lo studio “un impellente invito” a “orientare le politiche per ottenere rapidi risultati e soluzioni a lungo termine”. Sul report è intervenuta con un commento anche l’organizzazione Oxfam, che alla luce del report Sofi parla di “sistema alimentare ormai rotto” che parla di “tempesta perfetta” per il mondo, a causa del “mix letale di guerre, taglio degli aiuti ai paesi più poveri, speculazione e caos climatico”. Ciò rende irragiungibile “l’obiettivo fame zero” dell’Agenda di sviluppo 2030. Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia dichiara: “Il patto morale e di civiltà tra paesi ricchi e poveri sta crollando. La fame globale segna un piccolo arretramento complessivo dall’8,5% all’8,2%, mentre peggiora la situazione in Asia occidentale e in Medio Oriente e soprattutto nel continente africano, il vero epicentro della crisi”. Secondo Petrelli, “mentre i principali donatori del mondo, inclusi i paesi del G7, spingono per un taglio degli aiuti umanitari e di sviluppo del 28% entro il 2026 e solo il World Food Program vedrà tagliate le proprie risorse del 40% il prossimo anno, circa 2,6 miliardi di persone non possono permettersi una dieta sana”.

PEZZATI: “IL GENOCIDIO ATTUATO DA ISRAELE STA PORTANDO GAZA ALLA FASE FINALE DI UNA CATASTROFICA CRISI UMANITARIA”

Infine, Oxfam ricorda la carestia che a Gaza “ormai colpisce l’intera popolazione, come confermato dal nuovo report sulla classificazione integrata delle fasi della sicurezza alimentare (Ipc)”. Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia, avverte: “Il genocidio attuato da Israele sta portando Gaza alla fase finale di una catastrofica crisi umanitaria”. Senza l’intervento della comunità internazionale, “di questo passo ancora tantissime vite andranno perse. I lanci aerei di aiuti o le brevi pause umanitarie non sono nemmeno lontanamente sufficienti a scongiurare la strage di massa che ci troviamo di fronte” conclude Pezzati.
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