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Il Pirgo, spiaggia e luogo del cuore dei Civitavecchiesi

CIVITAVECCHIA – Era il 1844 quando i fratelli Bruzzesi chiesero al Comune un premio per aver inaugurato il loro stabilimento balneare. Data che pone Civitavecchia fra le prime città a vantarne uno, in compagnia di Viareggio (1827), Napoli (1840), Rimini (1843) e Livorno (1846). La vicinanza a Roma favorì lo sviluppo del Bagno e la ferrovia nel 1859 moltiplicò le presenze delle figure più rappresentative della nobiltà e della più ricca borghesia capitolina. Gli allora giornali di “gossip” dedicavano lunghe cronache all’estate civitavecchiese, Trilussa e Gabriele D’Annunzio mossero i loro primi passi da giornalista sulle passerelle del Pirgo e del Bruzzesi. Dopo il 1870, l’apertura di nuovi stabilimenti più vicini alla Capitale mise in crisi quelli civitavecchiesi. Nell’estate del 1883, la “Gazzetta piemontese” (La Stampa di oggi) affermava che il Pirgo “è una spiaggia infelice, tutta massi, senza nulla di quelle attrattive che rendono deliziosa la stagione balnearia”. Il giornalista non aveva remore a denigrare il Pirgo e il Bruzzesi: “due stabilimenti antidiluviani che non offrono ombra alcuna di quel comfort che tanto si ricerca ai giorni nostri”. Per lui bisognava andare ad Anzio dove “la spiaggia è bellissima, l’arena la morbidezza di velluto”. Inoltre a Civitavecchia si conduceva “una vita meschinuccia, noiosa, in un paese caldo, senza giardini, senza alberi, senza il conforto di panorami incantevoli”! Quasi cinquant’anni dopo, “La Stampa” ritornò a parlare del Pirgo e delle vacanze estive a Civitavecchia. È il 2 agosto 1930, a scrivere è Diego Angeli, giornalista, scrittore e critico d’arte fiorentino (1869-1937). Angeli riconosce alla nostra città il primato balneare nel Lazio dell’Ottocento ma non la riteneva adatta per la “mancanza di una vera e propria spiaggia”, dove regnavano sassi e scogli. Altro handicap la presenza del porto in cui scaricavano tanto carbone. Terzo inconveniente la ferrovia che tagliava in due la città e separava la spiaggia dal centro: “fumo delle locomotive e assordante fracasso dei treni”! Qui nacque “una specie di stabilimento con rotonda”, il Pirgo “che ad ogni principio di stagione gli ingenui manifesti cromolitografici del vecchio Marchetti raccomandavano al pubblico di Roma come la delizia di tutte le delizie”. Protagonista di tali reclame era “una bella signora – molto opulenta nelle anche e nei seni come voleva la moda d’allora – sorrideva dietro l’ombrellino dai colori violenti”. Sul manifesto in un angolo s’intravedeva “un cameriere in maniche di camicia che portava grandi piatti di spaghetti fumanti e grandi litri romaneschi colmi del loro vinetto d’oro”. Non si poteva tornare a casa senza l’inevitabile sbornia. Tutto questo un bel giorno finì: i ricchi e nobili romani svolazzarono con le loro prime automobili altrove: “l’alta mondanità aristocratica abbandonò quella spiaggia per altri lidi. La borghesia ricca la seguì per spirito d’imitazione, e la piccola borghesia continuò per un anno o due ad annidarsi nelle povere camere ammobiliate messe a sua disposizione, finché anche lei trovò che si poteva andare altrove con minore spesa e minore disagio”. Il Pirgo rimase così ai soli Civitavecchiesi che ne fecero la loro spiaggia e luogo del cuore. Angeli ricorda le baracche lungo le dune dove si continuavano a mangiare i ricci accompagnati dal vinetto solforoso prodotto in quelle zone. Civitavecchia non fu più la città balneare dove i romani trascorrevano l’estate. Oggi il Pirgo è di nuovo abbandonato e non sembra che la città riesca a far rinascere pienamente la sua vocazione turistica. Forse un giorno, riusciremo ad invertire la rotta. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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