ROMA – Ha preso quattro fogli e una penna, poi dal carcere di Montorio Veronese ha indirizzato delle lettere scritte a mano a quattro uffici giudiziari di Venezia interessati al suo caso: dalla procura Generale alla Corte d’assise. All’interno delle buste un messaggio decisamente insolito per i magistrati: “Rinuncio all’appello”. A scriverlo è stato Filippo Turetta, 24 anni, condannato un anno fa all’ergastolo dalla Corte d’assise di Venezia per il femminicidio di Giulia Cecchettin, sua ex, da lui massacrata l’22 novembre 2023 a 22 anni con 75 coltellate. Il delitto lo ha confessato: lei non voleva stare più con lui e tanto è bastato a trasformare una ossessione in furia omicida.
IL PROCESSO DI SECONDO GRADO
Tra un mese, esattamente il prossimo 14 novembre, dovrebbe iniziare il processo di secondo grado: la difesa del 24 enne ha infatti impugnato la sentenza della Corte d’Assise per contestare l’aggravante della premeditazione e per tentare così di evitare a Turetta il carcere a vita.
IL PENTIMENTO, IL PUGNO, IL RIFIUTO DI GINO CECCHETTIN: I MOTIVI DEL DIETROFRONT
La lettera di Turetta, di cui dà notizia il Corriere della Sera, rappresenta dunque un vero e proprio colpo di scena a tempo quasi scaduto: le buste sarebbero arrivate pochi giorni fa agli uffici giudiziari di Venezia e, oltre a rifiutare l’appello, il giovane assassino fa riferimento a un suo “sincero pentimento”.
Sono diversi i fatti intercorsi negli ultimi mesi che possono aver contribuito a un ripensamento della ‘linea’ di Turetta, che di fatto si prospetta come una vera e propria resa incondizionata. In primis, l’aggressione subita in carcere da un altro detenuto: un 55 enne omicida, contrario a dover convivere nella stessa sezione carceraria con lui, gli ha sferrato un pugno, causandogli diverse ferite, anche se non gravi. Un episodio che lascia intendere come il clima in carcere nei confronti del giovane padovano sia molto teso. E poi, secondo quanto riportato dal Corriere della sera, potrebbe aver pesato anche il rifiuto del padre di Giulia, Gino Cecchettin, di accogliere, almeno per il momento, la sua “istanza di giustizia riparativa”: ovvero la richiesta di attivare un percorso in qualche modo riparatorio tra Turetta e i familiari della vittima, che può essere simbolico (ovvero può limitarsi a delle scuse) o materiale (prevedere u risarcimento vero e proprio). Con la rinuncia all’appello e l’accettazione dell’ergastolo, Turetta punta a dimostrare che non vuole sconti di pena e che è sinceramente pentito. L’udienza in Corte d’Appello avrebbe dunque dovuto entro breve aprire una nuova fase processuale, ma l’ultima decisione di Turetta cambierà decisamente le cose.
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