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I ricercatori del Cnr a Bologna rischiano il posto, e gli investimenti se ne vanno in fumo


BOLOGNA – Non è rimasto più molto tempo. Nel giro di poche settimane una parte dei ricercatori precari di Bologna vedrà scadere il suo contratto. Gli altri andranno a casa a fine anno. Per qualcuno c’è la possibilità di una proroga, ma solo fino ad aprile 2026. Il resto non ha al momento prospettive. E il loro addio determina, a cascata, anche il rischio di vedere andare in fumo i milioni di euro di investimenti fatti tramite il Pnrr su nuovi macchinari e attrezzature, acquistate e installate per progetti portati avanti dagli stessi precari che ora rischiano il posto. Senza sapere chi prenderà le redini dopo di loro. A tracciare il quadro sono stati gli stessi ricercatori in scadenza del Cnr, che nei giorni scorsi hanno ricevuto la visita delle commissioni Scuola e Lavoro del Comune di Bologna proposta da Coalizione Civica.

In Emilia-Romagna si contano circa 250-300 unità di personale precario, circa il 35-40% del totale. A Bologna in particolare sono 140. Si tratta di “profili altamente qualificati- afferma il comitato Precari Uniti- che hanno già dimostrato la propria competenza e affidabilità. Dietro ogni contratto precario c’è una ricerca che rischia di fermarsi o infrastrutture strategiche costose che rischiano di diventare cattedrali nel deserto. Da qualunque punto di vista si guardi, è una grande perdita per l’Italia”. Al Cnr di Bologna, ad esempio, si sta installando un microscopio elettronico che permette di vedere le particelle atomiche e sub-atomiche, con un investimento Pnrr di sei milioni di euro. Dei cinque ricercatori formati per utilizzarlo, due andranno in pensione nel prossimo biennio. E tre sono in scadenza tra la fine di quest’anno e l’anno prossimo. “Senza i ricercatori precari esperti queste macchine sono inutilizzabili e sarebbe una grande perdita”, sottolinea Luca Gnoli, precario dell’Istituto per lo studio dei Materiali Nanostrutturati (ISMN) del Cnr bolognese.

All’istituto di oceanografia del Cnr di Bologna sono poi “quasi tutti precari” i ricercatori che svolgono gli studi in mare con le navi-laboratorio, attrezzate ad esempio per le ricerche sulle specie aliene. Così come sono precari i ricercatori mandati in missione per sei mesi o un anno dall’Istituto di scienze polari nelle basi in Artide e Antartide. Nora Zannoni, dopo 10 anni di esperienze all’estero (compresa la Foresta Amazzonica), dal 2022 è in forza al Cnr di Bologna e oggi studia la composizione chimica dell’atmosfera urbana. Anche lei ha il contratto in scadenza fra tre settimane e, insieme a lei, sono a rischio di andare a casa anche i ricercatori precari che lavorano nell’osservatorio climatico del Cimone, di recente attrezzato con nuove strumentazioni e macchinari.

Finora la vertenza nazionale dei ricercatori ha ottenuto in Legge di Bilancio lo stanziamento di nove milioni di euro per il 2025, 12,5 milioni per il 2026 e 10,5 milioni per il 2027. Si tratta di un primo intervento, affermano i precari, ma ancora “non risolutivo” di un problema “strutturale”. La ministra Anna Maria Bernini ha sollecitato una mappatura del precariato nell’ente, ma “a distanza di diversi mesi non è ancora stata avviata questa procedura” da parte dello stesso Cnr, bloccando di fatto le stabilizzazioni. A questo si è aggiunto un lungo periodo di ‘vuoto’ ai vertici, che si è concluso con la nomina del nuovo Cda a giugno e del nuovo presidente a fine luglio. Ad oggi, dunque, “non risulta adottata alcuna misura concreta” per assumere in pianta stabile i ricercatori in scadenza. I precari del Cnr chiedono dunque un piano immediato di stabilizzazione, ulteriori finanziamenti per le assunzioni e un programma strutturale per incrementare gli organici con personale a tempo indeterminato.
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