di Diego Giorgi e Carloandrea Poli
FIRENZE – Tredici punti. Non i venti predetti a inizio 2025 con le grosse incognite da sciogliere in entrambe le coalizioni principali su chi schierare, ma nonostante il tira e molla per mesi del Partito democratico sulla ricandidatura- vincente- del governatore, Eugenio Giani, e le grandi ambizioni riposte nel centrodestra locale sulle chance del sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, la Toscana resta una Regione largamente fuori dalla zona della contendibilità. Con rapporti di forza la cui staticità avrebbe fatto invidia nella prima repubblica. E dove le impennate repentine di affluenza- come nel 2020, quando votò il 62,6% di elettori- si fanno succedere da altrettanto bruschi crolli della partecipazione, senza che questo scombussoli i pronostici.
È accaduto ieri, lunedì 13 ottobre. Alle 15 i dati del Viminale restituiscono uno striminzito 47,7% di votanti: peggio che nel 2015, quando il bis per il Pd e il centrosinistra lo fece Enrico Rossi, ma a fronte di una competizione che non poteva presentare insidie, con un centrodestra diviso in due tronconi e il M5S a fungere da terzo polo. Del resto cambiano i decenni, le affluenze rimbalzano e si contraggono tuttavia il vantaggio del centrosinistra egemone e sul fronte, per quanto mutevole, delle opposizioni resta pressoché inalterato. Così se nel 2020 Giani aveva strappato il primo mandato nel pieno di una congiuntura elettorale drammatica, segnata nelle ultime settimane da sincere apprensioni a sinistra per uno storico ribaltone, e che aveva visto il frontrunner dem prevalere col 48,62%, lo scrutinio definitivo delle 3.922 sezioni toscane stavolta gli consegna il 53,92%. Uno spostamento verso l’alto dunque c’è, ma figlio più che altro del gioco delle alleanze. Il campo largo schleiniano ha portato in squadra, seppur con una qualche riluttanza, il M5S. Il 4,34% pentastellato è modesto, ma pur sempre capace di riportare il centrosinistra oltre il muro del 50% dei voti.
GIANI: “IL VOTO SU DI ME ANDATO OLTRE AL RISULTATO DI 5 ANNI FA”
“Un risultato straordinario che indica una Toscana che decide con il suo cervello e con i valori che questa regione da sempre esprime: libertà, democrazia, giustizia sociale”, si affretta a dire il rieletto presidente Giani pochi minuti dopo le proiezioni che chiudono ogni ragionamento sul vincitore finale. “Ha vinto la Toscana illuminata e riformista attraverso il voto su di me che è andato ben oltre il risultato di 5 anni fa”, rincara il governatore a fianco di una segretaria nazionale dei dem, Elly Schlein, a sua volta ben lieta di poter archiviare la doppia sconfitta riportata nelle scorse settimane nelle Marche e in Calabria.
CRESCE IL VOTO DI LISTA, PD SI CONFERMA AL 34%
La crescita, in realtà, si percepisce soprattutto nel voto di lista: la coalizione di centrosinistra- senza 5 Stelle- nel 2020 racimolò il 47,08% quest’anno tocca il 54,64%. Nei sette punti in più, come detto, è rilevante l’apporto pentastellato, ma da non sottovalutare è la presenza organica di Avs (7,01%) e la crescita della gamba moderata della coalizione con la lista Giani presidente-Casa riformista che si mantiene poco sotto il 9%: per la precisione, raggiunge un lusinghiero 8,86%. Significativa la conferma per il Partito democratico: cinque anni fa fece proprio il 34,69% dei voti; oggi passa al 34,43%. E supera anche il delicatissimo test di Prato, la città commissariata a seguito di un’inchiesta per corruzione della Dda di Firenze che ha travolto l’ex sindaca Ilaria Bugetti, ampliando persino i consensi. Merito dell’effetto trascinamento di un altro ex sindaco, Matteo Biffoni, che diventa il recordman assoluto di preferenze con 22.155 preferenze.
SORPRESA PER ANTONELLA BUNDU: SUPERA IL 5% MA NON ENTRA IN CONSIGLIO
Sempre a sinistra, ma fuori dal campo largo, è da registrare il successo condito dal sapore della beffa per Antonella Bundu con Toscana rossa: il suo 5,18% da candidata presidente non le permette comunque di entrare in Consiglio regionale, perché la sua lista invece resta piantata al 4,51%. A penalizzarla il voto disgiunto, opzione consentita dalla legge elettorale toscana. La sinistra radicale resterà fuori ancora una volta dall’assemblea legislativa: un’altra costante della storia elettorale recente a queste latitudini.
CON ALESSANDRO TOMASI IL CENTRODESTRA CONSOLIDA IL SUO 40%
A certificare però la staticità delle elezioni regionali in Toscana è quanto può dire di avere portato a casa il centrodestra: in cinque anni il pendolo è oscillato bruscamente dal sovranismo leghista, interpretato dalla battagliera europarlamentare Susanna Ceccardi, alla leadership tranquilla e conservatrice del sindaco di Pistoia Tomasi.Ma i risultati sempre quelli sono o poco più. Il candidato governatore non rimedia dunque quel divario di 18-20 punti preconizzato da svariati sondaggi nel vivo della campagna elettorale, e non subisce un tracollo frutto di una smobilitazione di un elettorato che comunque percepiva una partita chiusa prima ancora di essere giocata. Il sentiero non può dirsi, ad ogni modo, di sicura ascesa. Così se Ceccardi cinque anni fa aveva conquistato il 40,46%, Tomasi chiude col 40,9% e un incremento inferiore al mezzo punto percentuale: troppo poco per pensare di scuotere gli equilibri elettorali e di potere in Toscana.
ALESSANDRO TOMASI SINDACO PISTOIA
ANTONELLA BUNDU POLITICO
TOSCANA ROSSA, PRIMA L’EXPLOIT DI BUNDU POI LA BEFFA: PRONTA AL RICORSO
Toscana Rossa con il 5,18% di consensi vince il premio della critica, ma non entra in Consiglio regionale. Nonostante l’exploit, nonostante abbia preso “più voti della Lega e del M5S”. Ma “loro avranno 3 seggi, mentre noi rimaniamo fuori”, perché “la lista non ha raggiunto la soglia di sbarramento del 5%”.
Tuttavia, come annuncia sui social la candidata governatrice, Antonella Bundu, potrebbe non essere finita qui. La sinistra radicale, infatti, farà ricorso sull’intenzione del voto espresso solo per la candidata. “In troppi, anche chi non ha fatto voto disgiunto, hanno votato per la candidata presidente”, al 5,18%, e non per la lista che si è fermata al 4,51%. Per questo, “sull’intenzione di voto faremo ricorso”. Sostenendo, in pratica, che i voti espressi solo alla candidata siano da attribuire anche alla lista.
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