(Adnkronos) –
“L’Ucraina vuole attaccare. Prenderò una decisione”. Donald Trump è al bivio. E, con il presidente degli Stati Uniti, è al bivio anche l’Ucraina. Tutto ruota attorno ai missili Tomahawk che Kiev chiede e che Washington potrebbe concedere. L’arma consentirebbe all’Ucraina di colpire in profondità il territorio della Russia.
I Tomahawk hanno una gittata fino a 1.600 chilometri, possono volare ad una quota relativamente bassa sfuggendo ai radar, possono essere reindirizzati dopo il lancio, quindi con una grande precisione. Il tema sarà sul tavolo nella giornata di venerdì, quando alla Casa Bianca è atteso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Zelensky verrà qui, stiamo valutando opzioni. Io voglio salvare vite”, dice Trump rispondendo alle domande dei giornalisti nello Studio Ovale.
La fornitura di Tomahawk diventerebbe un elemento di pressione su Vladimir Putin: con un’Ucraina più incisiva, Mosca sarebbe più propensa a trattare davvero per porre fine alla guerra, evitando la ‘melina’. “La Russia ha perso un milione e mezzo di uomini e continua con questa assurda guerra che non sarebbe mai dovuta cominciare. La Russia avrebbe dovuta vincerla in una settimana e invece il conflitto dura da quasi 4 anni. Putin non fa una bella figura, questa macchina da guerra non fa una bella figura”, dice Trump.
“Faremo finire la guerra in Ucraina. La guerra deve finire. Come gli abbiamo visto fare a Gaza e in Medio Oriente, il presidente Trump sa come forgiare la pace e creare opportunità in situazioni e scenari dove la pace sembra lontana”, dice il segretario alla guerra, Pete Hegseth, accendendo i riflettori sulla strategia ‘pace attraverso la forza’.
“Se la guerra non finisce, e non c’è una strada verso la pace nel breve termine, gli Stati Uniti – insieme ai loro alleati – prenderanno le misure necessarie per imporre costi alla Russia per la sua aggressione prolungata”, dice Hegseth. “Se dovremo prendere queste misure, il Dipartimento della Guerra Usa è pronto a fare la sua parte come solo gli Stati Uniti sanno fare. Tutti i Paesi devono trasformare gli obiettivi in armi, gli impegni in capacità e le promesse in potenza – continua – Questo è quello conta: la potenza militare, che è l’unica cosa che i belligeranti rispettano”.
E la Russia? Tocca al ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, riproporre il copione che Mosca esibisce da giorni. “Sì, ci sono state dichiarazioni sui Tomahawk, ma in questa serie di dichiarazioni sulle potenziali forniture di Tomahawk il presidente Donald Trump ha menzionato, tra gli altri commenti, che non vuole alcuna escalation. Ha ammesso che si tratterebbe di un’escalation, per di più molto grave”, dice Lavrov. “In questo caso, l’Ucraina non avrà più nulla a che fare con questo. Questo causerà semplicemente un danno colossale alle prospettive di normalizzazione delle relazioni tra Russia e Stati Uniti e agli sforzi per uscire dal completo vicolo cieco in cui queste relazioni sono state spinte dall’amministrazione di Joe Biden”, aggiunge.
“A Trump non piace che le persone vengano uccise. Questo è comprensibile. In secondo luogo, ha eredita questa guerra artificialmente messa al primo posto nell’agenda internazionale dai funzionari dell’amministrazione Biden e dai loro adulatori europei. Trump se ne occupa per salvare vite umane e per creare opportunità di piena cooperazione con la Russia. Un’altra cosa è comprensibile, la lotta per la pace e per le vite umane è un compito nobile”, aggiunge.
Per il numero 1 della diplomazia russa, il canale con Washington è aperto e – alla fine – tocca proprio a Trump alimentare il dialogo. “Ci aspettiamo ancora una risposta concreta ai risultati dei negoziati in Alaska”, dice Lavrov riferendosi al vertice del 15 agosto tra Trump e Putin e assicurando che “ci impegniamo a rispettare” i risultati delle trattative. La Russia è pronta in qualsiasi momento a discutere questioni specifiche con gli Stati Uniti a vari livelli, compreso quello presidenziale, aggiunge Lavrov.