BOLOGNA – Una cella a grandezza reale (12 metri quadrati, di cui 10 calpestabili), con due letti singoli, sgabelli, un mobiletto e un bagno, in piazza Maggiore, nel cuore di Bologna, per sensibilizzare i cittadini- che possono entrare per rendersi conto di cosa significa vivere in carcere- sulle condizioni di detenzione. Consiste in questo l’iniziativa ‘La vita dietro le sbarre: una cella al centro della città’, organizzata per le giornate di oggi e di domani dalla Camera Penale bolognese assieme al proprio Osservatorio ‘Diritti umani, carcere ed altri luoghi di privazione della libertà’, in collaborazione con Extrema Ratio e con il patrocinio dell’Ordine degli avvocati del capoluogo emiliano e del Comune.
La cella, arredata e ricostruita esattamente come quelle reali grazie al contributo del Lions Club Borgo Panigale Emilia Ponente, è stata presentata questa mattina in un evento pubblico a cui hanno partecipato non solo i vertici della Camera penale e dell’Ordine degli avvocati, ma anche il presidente della Regione Michele de Pascale, l’artista Alessandro Bergonzoni ed esponenti politici e istituzionali come l’assessora regionale al Welfare Isabella Conti, il consigliere regionale del Partito democratico Francesco Critelli e vari consiglieri comunali. Introducendo l’iniziativa, il professor Nicola Mazzacuva, presidente della Camera penale bolognese, ricorda che “da anni, come Camere penali, segnaliamo l’emergenza carceraria: siamo stati condannati dalla Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo, ndr) nel 2013, qualcosa è migliorato subito dopo, ma adesso la situazione è gravemente critica”.
Infatti, sottolinea Mazzacuva, “il numero dei suicidi in carcere l’anno scorso ha segnato il record di 90, e quest’anno siamo già a 67: riteniamo che in questo momento siano traditi i principi costituzionali relativi all’umanità della pena e ai suoi scopi rieducativi”. Da parte sua, il responsabile dell’Osservatorio Carcere della Camera penale bolognese, Luca Sebastiani, afferma che questa iniziativa rappresenta “un’occasione importante per toccare con mano cosa si prova a vivere in una cella”, aggiungendo che quella riprodotta in piazza Maggiore, che “è per due persone, ma che probabilmente in futuro diventerà per tre persone, è una delle più grandi che mi sia capitato di vedere nelle mie visite in varie carceri”.
Questo si inserisce in una situazione di sovraffollamento che vede, nel carcere di Bologna, “quasi 800 detenuti su una capienza di 457, un quarto di questi 800 detenuti è in attesa di giudizio e solo il 20% lavora”. Un altro tema su cui si insiste molto nei vari interventi è quello dell’efficacia delle misure alternative e della possibilità di intervenire con misure come l’indulto. Sebastiani osserva infatti che “le statistiche ci dicono che il 70% delle persone che escono dal carcere in Italia torna a delinquere, mentre chi lavora in carcere ed esce con una misura alternativa torna a delinquere nella misura del 2%”, mentre Mazzacuva, sottolineando “la visione comune di avvocati e magistrati, che denunciano l’insostenibilità della situazione carceraria”, ritiene “incredibile che a livello politico non si attui il pensiero degli esperti del settore” e auspica “provvedimenti di clemenza come amnistia o indulto” per migliorare la situazione. Anche i rappresentanti dell’Ordine degli avvocati, il presidente Flavio Peccenini e l’avvocato Ettore Grenci, pongono l’accento sul fatto che “il carcere di Bologna è sovraffollato” e si augurano “che con questa iniziativa si riesca a sensibilizzare i cittadini”.
Riscuote molti applausi anche l’intervento di Alessandro Bergonzoni, che da un lato fa sapere che “abbiamo pensato a un’iniziativa per far sì che dei detenuti possano andare a teatro per tutta la stagione, riservando loro dei posti”, e dall’altro afferma che “se il detenuto chiede determinati spazi, igiene o assistenza non gli si fa un favore accordandoglieli, ma gli si riconoscono dei diritti. Io sono per buttare via la chiave, ma nel senso che non ci siano più le porte”. Oggi, conclude, “non va di moda il diritto: la detenzione è sempre una forma di violenza, e credo che ogni cittadino debba viverla come se dentro ci fosse il proprio figlio”. Sulla necessità di “interventi deflattivi” insiste, infine, anche il Garante comunale dei detenuti Antonio Ianniello, secondo cui “il tema non è ‘se’ fare un intervento del genere, ma ‘quando’, perché siamo davvero prossimi alla configurazione di condizioni di detenzione inumane e degradanti, che sarebbero una sconfitta dello Stato e quindi una sconfitta per tutti noi”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it