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Lavoro, Cnpr forum: ce n’è di più ma la crescita è minore. Paradosso italiano


NAPOLI – “L’occupazione è aumentata, ma negli ultimi tre anni la crescita ha riguardato soprattutto gli over 50: persone che, in molti casi, sarebbero dovute andare in pensione ma non hanno potuto farlo a causa dello smantellamento delle misure di anticipo pensionistico. Non si registrano incrementi tra i giovani e le fasce d’età fino ai 49 anni. Gran parte dei nuovi posti di lavoro è concentrata in settori a bassa produttività e con salari modesti: per questo cresce l’occupazione, ma non l’economia, che rimane ferma, con un PIL destinato a chiudere il 2025 con una crescita limitata allo 0,5%. Le prospettive per i prossimi anni non sono migliori. È necessario investire di più nell’istruzione. Un rapporto dell’OCSE mostra come l’Italia sia all’ultimo posto, tra le economie avanzate, per quota di spesa pubblica destinata all’educazione. Se non si interviene, non ci si può sorprendere del calo di produttività e della stagnazione economica. Serve un rapporto più stretto tra scuola, università e mondo del lavoro, rafforzando il legame tra formazione e impresa: troppo spesso le aziende non trovano le competenze necessarie”. Sono le parole di Antonio Misiani (Pd), vicepresidente della Commissione Bilancio a Palazzo Madama, intervenuto nel corso del Cnpr Forum Più lavoro meno crescita: il paradosso italiano, come rilanciare il sistema?, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.

MASCARETTI: SPREAD BTP-BUND DA OLTRE 230 A POCO PIÙ DI 80 PUNTI

“In un contesto globale segnato da guerre, crisi energetiche e inflazione, il Governo Meloni ha posto basi solide per la crescita economica – ha sottolineato Andrea Mascaretti, deputato di FdI nelle commissioni Bilancio e Lavoro -, riducendo lo spread Btp-Bund da oltre 230 a poco più di 80 punti, ai minimi degli ultimi vent’anni. Un risultato che rafforza la credibilità dell’Italia e riduce il costo del debito. Crescono gli investimenti pubblici e privati grazie al Pnrr, alla Zes unica per il Sud e al sostegno all’internazionalizzazione delle imprese. Sul fronte del lavoro, il taglio del cuneo fiscale ha restituito risorse ai lavoratori e spinto l’occupazione oltre il 62%, con record per quella femminile. Dopo decenni di stagnazione, i salari tornano a crescere, mentre il governo prosegue nel contrasto alla burocrazia, nel sostegno alla produttività e nella promozione della formazione. In tre anni, l’Italia è tornata un Paese stabile, credibile e attrattivo, capace di offrire fiducia ai mercati, alle imprese e ai cittadini. Una Nazione che, con responsabilità e visione, rilancia il proprio ruolo in Europa, difende il lavoro, tutela il risparmio e investe sul futuro delle nuove generazioni”.

DEL BARBA: SERVE DARE OSSIGENO AI SALARI

Secondo Mauro Del Barba (IV), segretario della commissione Finanze a Montecitorio, “il crollo della produzione industriale e della produttività per ora lavorata – la più bassa d’Europa – impone una riflessione: stiamo forse scivolando verso le fasce più basse della catena del valore globale, anche a causa di politiche industriali inefficaci. Il problema può essere corretto con interventi mirati sul territorio, creando sinergie tra piccole imprese e orientando gli investimenti verso l’innovazione. C’è anche un nodo legato al mercato del lavoro, che abbiamo cercato di sbloccare, almeno in parte, con la riforma del Jobs Act, avviando una transizione da un modello ‘proprietario’ del lavoro a una visione più moderna e flessibile. Nell’immediato, serve dare ossigeno ai salari, defiscalizzando i premi di produttività e la contrattazione decentrata. I laureati italiani continuano ad affermarsi e a essere ricercati all’estero, segno che la scuola e l’università formano competenze solide. Ora bisogna aiutare le imprese a investire sui giovani, avvicinando il sistema educativo al mondo produttivo e potenziando i corsi professionalizzanti”

SQUERI: PAROLE CHIAVE DEVONO ESSERE INNOVAZIONE, PRODUTTIVITÀ E INVESTIMENTI

Di formazione ha parlato Luca Squeri (FI), segretario della commissione Attività Produttive alla Camera, per il quale “il legame tra lavoro e crescita economica si spezza quando all’aumento dell’occupazione non corrisponde un miglioramento della qualità del lavoro. Una forza lavoro poco qualificata non genera la ricchezza necessaria a valorizzare il lavoro stesso e a sostenere la crescita del Paese. Le parole chiave devono essere innovazione, produttività e investimenti: azioni capaci di far crescere il sistema economico creando valore aggiunto e nuove opportunità. Non basta aumentare nominalmente i salari per risolvere il problema: servono incrementi che derivino da un’economia solida e sostenibile. La contrattazione tra le parti sociali, più che un salario minimo imposto per legge, può offrire risposte concrete e calibrate sui diversi settori produttivi, garantendo equilibrio tra equità e sviluppo. Il nostro sistema formativo è di alto livello, ma manca ancora una reale connessione tra la preparazione degli studenti e le esigenze del mercato del lavoro. Occorre un orientamento mirato, il potenziamento degli istituti tecnici superiori e una collaborazione stabile tra scuola, università e impresa”.

CHIAPPUELLA: CAPIRE DOVE SI SPEZZA IL LEGAME TRA LAVORO E CRESCITA ECONOMICA

Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei commercialisti è stato espresso da Mario Chiappuella (commercialista e revisore legale dell’Odcec di Massa Carrara): “L’occupazione cresce ma la produttività resta ferma. Bisogna capire dove si spezza il legame tra lavoro e crescita economica. La scuola e l’università formano ma lontano dalle esigenze delle imprese. Si deve creare un ponte reale tra istruzione, innovazione e produttività”. Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili: “Negli ultimi vent’anni la competitività è stata perseguita comprimendo il costo del lavoro, perdendo di vista il suo valore produttivo e sociale. L’Agenda 2030 richiama invece a una crescita inclusiva e a un lavoro dignitoso per tutti. In Italia il vero nodo resta l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, spesso con salari troppo bassi: più che di salario minimo, sarebbe opportuno parlare di un equo salario d’ingresso”.
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