MILANO – Il licenziamento della lavoratrice colpita da un tumore al seno è stato deciso per motivi organizzativi e precede la conoscenza della sua malattia. Inoltre, le due unità di personale subentrate a Rosaria Ferro, sono arrivate a rinforzo dopo “guasti tecnici e malfunzionamenti temporanei che hanno determinato ritardi nella produzione”. Il subentro riguarda contratti di “brevissima durata, entrambi in via di terminazione”. Così la ‘Recuperator’ di Rescaldina, nel milanese, si difende dalla accuse del sindacato degli atipici Nidil Cgil Ticino Olona, che ieri ha tolto il velo sul licenziamento della donna, 55 anni e separata con un figlio, rientrata al lavoro dopo la malattia quest’anno per 6 ore al giorno secondo le indicazioni del medico del lavoro, contro le classiche otto.
L’azienda ribadisce che Ferro resta dipendente dell’agenzia per il lavoro terza e che il suo operato è stato in regola con “valutazioni organizzative a livello di investimenti e successiva ripianificazione della forza lavoro”, assunte quando l’azienda “non poteva conoscere lo stato di salute della lavoratrice, né prevederne l’aggravamento, secondo quanto previsto dalle normative vigenti in materia di privacy e tutela dei dati personali”. Di più: a Rescaldina dopo la riorganizzazione del reparto sigillatura dove Ferro lavorava si era valutata “la possibilità di una ricollocazione interna, purtroppo tale opzione non è poi risultata praticabile, in considerazione delle sopravvenute limitazioni indicate dal medico competente in conseguenza alla malattia”.
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