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Al Festival Sabir dibattito contro la criminalizzione dei diritti


PALERMO – La strada per combattere i fenomeni di criminalizzazione della solidarietà e dei movimenti che scendono in campo in difesa dei diritti è la lotta quotidiana per la riaffermazione della centralità di questi temi, che passa anche dai ricorsi nelle aule di tribunale come la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte di giustizia europea. È quanto emerso al ‘Festival Sabir’, in corso ai Cantieri culturali della Zisa di Palermo, durante il dibattito ‘Solidarietà sotto attacco: controllo e autoritarismi nella regione mediterranea’. L’incontro, che si è tenuto all’Istituto Gramsci, ha acceso i riflettori su un fenomeno che negli ultimi anni è emerso in tutta la regione euro-mediterranea: “la diffusione di dispositivi repressivi e retoriche securitarie messe in atto da governi e istituzioni, pur declinati con modalità diverse a seconda dei contesti”, dicono gli organizzatori del dibattito inserito nel programma del ‘Festival Sabir’, organizzato da Arci, giunto quest’anno alla sua undicesima edizione (La seconda nel capoluogo siciliano). Jan Robert Suesser, statistico francese e attivista per i diritti umani coinvolto in diverse organizzazioni non governative, Alaa Talbi, attivista tunisino per i diritti umani, Susanne Drake, dell’Istituto per l’assistenza e la solidarietà internazionale, e Milena Sosic, dell’Associazione di iniziative civiche per lo sviluppo e la cooperazione in Serbia, hanno affrontato quella che ritengono “la sempre più grave criminalizzazione” dei movimenti di solidarietà (dall’ecoattivismo alle mobilitazioni per la Palestina, fino alle reti di sostegno ai migranti) che sarebbero “sistematicamente delegittimati e sottoposti a vere e proprie persecuzioni attraverso strumenti legislativi e atti amministrativi”.

“Si tratta di un fenomeno molto forte – afferma alla Dire Gianluca Mengozzi, di Arci Italy, moderatore del dibattito -. Anche in passato abbiamo assistito a episodi di persecuzione della mobilitazione della società civile ma oggi assistiamo ad una situazione nuova ed estremamente originale: una concentrazione nella sponda nord e in quella sud del Mediterraneo, oltre che nell’area balcanica, di governi e movimenti politici uniti dalla persecuzione contro le autonomie sociali, associative, sindacali e movimentiste che prendono parola in difesa dei diritti”. Una situazione, secondo Mengozzi, “vista in occasione delle proteste contro il genocidio di Gaza e per la difesa dei diritti dei migranti”. Da questi presupposti nasce una consapevolezza delle realtà che si sono date appuntamento al ‘Festival Sabir’: “Dobbiamo difendere l’azione e lo spazio civico di tutti i movimenti che si occupano dei diritti delle fasce più vulnerabili – sottolinea Mengozzi -. Non permetteremo che questi spazi vengano messi in discussione, perché sono propri di qualsiasi democrazia compiuta”. Suesser traccia la linea: “La lotta contro la criminalizzazione di chi difende i diritti passa dalle lotte quotidiane. Una risposta che passa sia dalle manifestazioni di piazza che, seppur vietate dalle autorità, si svolgono comunque, ma anche attraverso i ricorsi ai tribunali contro i provvedimenti governativi che vengono ritenuti “ingiusti”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Drake: “Bisogna creare alleanze a livello non governativo – è la ricetta illustrata all’Istituto Gramsci di Palermo – per esercitare una pressione sulle nostre istituzioni affinché si agevoli un cambiamento. Per fare questo, però, serve anche il dialogo con i partiti politici di riferimento, che spesso sono presi da pigrizia. Non esiste una soluzione che possa cambiare le cose dall’oggi al domani in favore dei diritti dei deboli e dei bisognosi, serve un lavoro solerte, paziente e continuo per cambiare la società”.

La pensa allo stesso modo Sosic, che pone l’accento sull’arma della giustizia: “La Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte di giustizia europea sono gli organi ai quali rivolgersi nei casi in cui si ritenga che uno Stato non stia rispettando i diritti umani. Oggi diritti inderogabili come quello a non essere schiavizzati o a non essere torturati sono sotto attacco e chi difende questi diritti viene criminalizzato. Una lista delle priorità? “Non esiste – è la risposta -, per ogni tema che oggi può apparire prioritario ce ne sono tanti altri che non possono essere ignorati”. Da Talbi il punto di vista di chi lotta per i diritti in Tunisia: “Il 7 ottobre è stato uno spartiacque – afferma -. Da quel momento è cambiata la concezione della democrazia e dei diritti umani. Assistiamo a decisioni governative che mettono in discussione la democrazia e creano regimi autoritari”.
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