| CIVITAVECCHIA – “Mio caro castellano: il di 24 del corrente io sarò in Civitavecchia col mio copioso seguito. Vi prego che mi facciate trovare del buon pesce, ed un pranzo compito per me e per la mia comitiva numerosa. Fatemi fare buona figura con gente stimabile oltremodo, essendo tutti o quasi tutti letterati ed artisti di somma riverenza. Tutto ciò che spenderete vi sarà tosto rimborsato da me appena sarò costì. Vi raccomando che non manchi nulla per deliziare cotali uomini, avendoli sommamente cari. Il pranzo lo preparerete nel forte, e saremo 140 persone; tutto ciò vi serva di norma onde non siavi veruna sconcezza per difetto d’ignoranza. Vi benedico, e credetemi il vostro amorevole Sovrano”. È papa Leone X, esponente della famiglia de’ Medici, che scrive al suo castellano il 18 ottobre 1518, avvertendolo della sua prossima ed ennesima visita a Civitavecchia. Jean-Marie-Vincent Aldin inserisce questa “graziosa lettera”, che lui afferma fosse conservata “negli archivii di Civitavecchia”, nel secondo volume della “Storia di Leone decimo” stampato a Milano nel 1846. “Fra gli altri convitati che seco adduceva” c’erano il cardinale e poeta Pietro Bembo, il cardinale e umanista Jacopo Sadoleto, il vescovo e letterato Varino Favorino, lo scrittore Francesco Berni e il sommo Raffaello. Leone X è passato alla storia per la sua sfrenata passione per il lusso e il divertimento. Salendo agli appartamenti vaticani disse al fratello Giuliano “Godiamoci il papato, perché Dio ce l’ha dato”. Fra i suoi divertimenti, c’era la caccia. Carlo Calisse scrive che Leone X a Civitavecchia “veniva spesso per diporto, e specialmente per le cacce, che, con arte e spesa grandissima, vi aveva ordinato di non superata ricchezza”. E aggiunge “manteneva splendida e lieta la vita, e questo, come si è detto, era ordinariamente il motivo del suo venire a Civitavecchia, che perciò rivide anche Leon X in ogni anno del pontificato”. Anche il Calisse ricorda le magnifiche feste dell’ottobre 1518 per il grande seguito che accompagnava il pontefice e “per la piacevolezza e ricchezza delle feste, nelle quali que’ signori passarono lietissimi giorni”. A conferma della sua passione per la buona cucina, Leone X istituì nel 1515 la “Compagnia dei cuochi”. Gli concesse come sede la chiesa di San Luigi de’ Francesi e affidò i cuochi e i pasticceri alla protezione della Vergine Maria. Cuoco personale del papa mediceo era Domenico Romoli detto il “Panunto” che ha lasciato in un libro, “la Singolar dottrina”, le tracce della sua arte culinaria. Nelle preparazioni culinarie per Leone X utilizzava erbe ed essenze afrodisiache molto apprezzate dal pontefice quando incontrava le sue favorite, Beatrice Ferrarese detta la Fornarina ritratta da Raffaello, e Lucrezia da Clarice. Un tempo “Panunto” era sinonimo di buongustaio. |


