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Jessica uccisa “con un numero smisurato di coltellate”: a Castelnuovo del Garda un femminicidio annunciato


VENEZIA – Jessica è stata uccisa “con un numero imprecisato, ma comunque smisurato di coltellate”. In un comunicato della procura di Verona sono racchiusi i dettagli drammatici della relazione di Jessica Stapazzolo Custodio de Lima, 33 anni, e Douglas Reis Pedroso, 41 anni: la prima è l’ennesima vittima di femminicidio in Italia, il secondo il suo compagno ed assassino. Entrambi di origine brasiliana, erano andati a vivere insieme, nell’appartamento di lui, a Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona, un anno e mezzo fa. Ma il loro rapporto era segnato da violenze continue, fisiche, psicologiche, verbali, la loro storia era fatta di violenze e abusi quotidiani, denunce, abuso di alcol e droghe. L’ultima fatale aggressione risale a ieri sera, lunedì 27 ottobre.

LA CHIAMATA AI CARABINIERI, LA MINACCIA DI SUICIDIO, L’ARRESTO

Sono stati i carabinieri della Compagnia di Pescheria del Garda ad arrestare Pedroso, la scorsa notte, “perché gravemente indiziato di avere ucciso, all’interno della propria abitazione, con un numero imprecisato, ma comunque smisurato di coltellate la compagna Jessica”., riferisce la Procura.Lo stesso uomo verso mezzanotte aveva chiamato e messo in allarme i militari “manifestando intenti suicidari”: è iniziato così l’iter di accertamento e ricostruzione dei fatti che ha portato, dopo le prime ammissioni, al rinvenimento del corpo senza vita della compagna nel loro appartamento, e dell’arma del delitto, un coltello, trovato dentro l’auto di Pedrosa.

LE INDAGINI PER LESIONI E MALTRATTAMENTI ALLA COMPAGNA E PER VIOLENZA SESSUALE ALLA SORELLA

Le forze dell’ordine e gli uffici della procura erano a conoscenza di gravissimi precedenti della condotta di Pedrosa: l’uomo, riferisce la nota, aveva una condanna per rifiuto dell’accertamento dello stato di ebrezza e “dagli accertamenti risulta fare un uso smodato di alcool e di stupefacenti”. Non solo: il 41 enne brasiliano era “già sottoposto a procedimento penale per numerose ipotesi di reato”. Tra questi “maltrattamenti aggravati, nonché lesioni volontarie in danno proprio della compagna” commessi da agosto 2024 ad aprile 2025. Sulle spalle di Pedrosa anche una denuncia di violenza sessuale mossa dalla sorella di Jessica: infatti la procura spiega che “nel corso delle indagini preliminari aveva anche contestato alcuni fatti di violenza sessuale dal medesimo perpetrati nel dicembre 2024 in danno della sorella della vittima”. E per completare il quadro: si segnalano nel curriculum dell’assassino “condotte di resistenza e minaccia” nei confronti dei Carabinieri intervenuti.Per tutti questi reati elencati minuziosamente dai Pm veronesi, era terminata la fase delle indagini preliminari e si attendeva il rinvio a giudizio di Pedrosa per l’avvio di un processo vero e proprio nei suoi confronti.

LA BRUTALE AGGRESSIONE DEL 21 APRILE SCORSO, L’ARRESTO E IL DIVIETO DI AVVICINAMENTO

Non solo, mentre erano in corso le indagini preliminari, lo scorso 21 aprile, l’uomo è stato arrestato in flagranza di reato per un’altra brutale aggressione nei confronti di Jessica che viene descritta dai magistrati: la donna era stata “gettata a terra, trascinata per i capelli sull’asfalto, colpita con tre pugni al volto e infine ferita ripetutamente al volto e al collo con la chiave della sua autovettura“. Di qui la convalida dell’arresto e l’applicazione delle misure cautelari: divieto di avvicinamento alla compagna ed ai luoghi da lei abitualmente frequentati, “mantenendosi ad una distanza di 500 metri dalla persona e dai luoghi suddetti”, divieto di contattarla e di dimorare nel Comune di Ponti sul Mincio, dove la donna era domiciliata.

IL GIALLO DEL BRACCIALETTO ELETTRONICO

In tutto ciò a Pedrosa era stato installato, lo scorso maggio, il braccialetto elettronico e a Jessica l’apposito ricevitore che doveva vigilare sul mantenimento delle dovute distanze tra i due. Ma “al momento del fermo, Pedrosa  è stato trovato senza il braccialetto elettronico”, dispositivo che tuttora non è pervenuto ai Carabinieri, nonostante le ricerche siano in corso. Non solo: nemmeno la vittima conservava debitamente il ricevitore: il dispositivo che era consegnato da FastWeb alla persona offesa è stato infatti “rinvenuto nascosto nel garage della abitazione della madre a Ponti Sul Mincio”. Restano quindi dubbi, come emerge anche dalle testimonianza raccolte dai cronisti tra i vicini di casa, sul fatto che i due vivessero effettivamente separati, nonostante il divieto di avvicinamento.
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