ROMA – I notiziari sono pieni dell’ultima strage di palestinesi. E qui in Italia si è molto discusso anche dell’aggressione a Emanuele Fiano, esponente del Pd, da parte di un manipolo di giovani comunisti ‘proPal’ che gli hanno impedito di parlare a un incontro pubblico perché ebreo. Certo non si può mettere tutto sullo stesso piano.
Certo, bisogna distinguere, capire e analizzare i diversi contesti. Sarà certamente un mio limite, ma per me stiamo vivendo una stessa tragedia, di grado diverso ma sempre terribile, di cui non si vede la fine. E voglio parlare anche di Pier Paolo Pasolini, di cui il 2 novembre ricorrono 50 anni dall’uccisione, di come lui si rapportava al suo tempo con la questione palestinese e lo Stato di Israele. Ma partiamo dal fatto accaduto a Fiano, odioso ma per fortuna senza danni da violenza fisica.
Nel suo racconto Fiano si sofferma sui ragazzi che sghignazzavano e sorridevano mentre gli impedivano l’accesso. Infischiandosene dell’accusa di essere tecnicamente dei fascisti. Non li giustifico, anzi, sbaglia sempre chi impedisce di parlare e di confrontarsi, ma quei ragazzi in me suscitano una gran pena. Perché con il loro gesto, che magari davanti alla birra serale hanno pure considerato eroico, altro non hanno fatto che dimostrare l’impotenza e inconsistenza delle loro ragioni ‘a favore’ dei palestinesi. Anzi, hanno ottenuto il contrario, dato ragione agli avversari.
E’ il vizio di qualsiasi estremismo, ‘malattia infantile del comunismo’, diceva uno che di massacri di quella parte politica se ne intendeva. Pensate a cosa sarebbe successo se, invece, quel gruppetto di ragazzi ‘comunisti’ all’arrivo di Fiano lo avessero abbracciato, scortato dentro l’aula dell’università e gli avessero chiesto di parlare dei massacri a Gaza dell’esercito israeliano, del premier Nethanyau accusato da tribunali e cento stati nel mondo di crimini contro l’umanità, di cosa pensasse dei continui assalti, aggressioni questi sì di stampo fascista, da parte dei coloni israeliani contro inermi cittadini palestinesi rapinati delle loro terre, case e affetti. Invece no, fieri in posa dalla parte del torto.
Poi c’è l’ultimo massacro di queste ore, 100 morti palestinesi, molti bambini, da parte dell’esercito israeliano di nuovo scatenato dal criminale capo del governo Netanyahu. La sua giustificazione rispecchia quella violenza pura, senza limiti da parte di chi ha il potere, che Pasolini ha mostrato nel suo ultimo film Salò e le 120 giornate di Sodoma.
Netanyahu ha ordinato il massacro perché Hamas ha restituito altre ossa di un povero ostaggio morto già riconsegnato ai familiari. Insomma, Hamas ha barato e violato l’accordo per la tregua. Quindi, quelle ossa restanti ‘valgono’ la vita di 100 persone. Mi fa orrore questo modo di pensare e agire, da vero sadico, di chi si sente un dio, al di sopra di qualsiasi legge e morale, che nessuno sarà mai in grado di giudicare, condannare e rinchiudere in un carcere.
Sperando che la tregua continui, che si possa arrivare a una pace vera e duratura, bisogna agire perché le forze estremiste arabe e israeliane vengano disarmate. Altrimenti, tra qualche giorno, ci sarà una nuova rappresaglia.
La situazione resta critica, anche perché ormai è evidente che uno dei problemi è anche la rappresentanza politica palestinese vecchia, corrotta e screditata. Occorre, è urgente e vitale, una leadership nuova, che si misuri con i problemi e le sfide di oggi. Un Mandela palestinese c’è, bisogna far di tutto perché Israele liberi dopo 23 anni di carcere Marwan Barghuthi, l’unico capace di gestire con autorevolezza e rinnovato carisma la nuova fase politica che si è comunque aperta grazie all’intervento del presidente americano Donald Trump.
Fare i conti non solo con la politica criminale e genocida del premier Netanyahu, anche i palestinesi dovranno mettersi a nudo affrontando il nodo dei nodi, come già evidenziato negli anni Sessanta da Pier Paolo Pasolini: “… he aiuto si dà al mondo arabo fingendo di ignorare la sua volontà di distruggere Israele?”. Basta condannare i vivi alla conta dei morti, basta far arricchire chi quelle morti auspica e vuole.
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