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Caso Epstein, Trump attacca: “Era un democratico, chiedete a Bill Clinton non a me”

(Adnkronos) – “I democratici stanno facendo tutto il possibile per promuovere nuovamente la bufala Epstein – nonostante il Dipartimento di Giustizia abbia pubblicato 50.000 pagine di documenti – al fine di distogliere l’attenzione dalle loro politiche inadeguate e dalle loro sconfitte, in particolare dall’imbarazzante shutdown, che ha causato il caos totale nel loro partito”. Lo ha scritto il presidente americano Donald Trump in un post su Truth Social.  

“Alcuni repubblicani deboli sono caduti nelle loro grinfie perché ingenui e poco risoluti. Epstein era un democratico ed è un problema dei democratici, non dei repubblicani! – ha proseguito – Chiedete di Epstein a Bill Clinton, Reid Hoffman e Larry Summers, loro sanno tutto di lui, non perdete tempo con Trump. Ho un Paese da governare!”.  

 

Trump ha intanto avviato una campagna di pressioni sui deputati repubblicani che appaiono intenzionati a votare la prossima settimana con i democratici, permettendo quindi l’approvazione della mozione che chiede la pubblicazione di tutti i file del dipartimento di Giustizia relativi a Jeffrey Epstein. I contatti con questi repubblicani si sono intensificati da quando Mike Johnson ha dovuto fissare per la prossima settimana la votazione della mozione, che lui per diversi mesi ha cercato in tutti i modi non portare in aula.  

Il cambio di strategia dello Speaker repubblicano è stato determinato nella giornata cruciale di mercoledì scorso, segnata da una parte dalla diffusione delle mail in cui il finanziere pedofilo, morto impiccato in cella nell’agosto del 2019, affermava che Trump “sapeva delle ragazze”, e dall’altra della presentazione della petizione, con 218 firme di deputati, tra i quali un gruppetto di repubblicani, che avrebbe costretto lo Speaker a portare in aula per il voto la mozione che aveva cercato a tutti i costi di bloccare.  

A questo punto, il leader repubblicano ha deciso di anticipare i tempi – con il percorso della petizione si sarebbe arrivati al voto all’inizio di dicembre – perché “se dobbiamo farlo, meglio farlo velocemente”, spiega alla Cnn una fonte repubblicana. Un cambio di strategia concordata con Trump che comprende che “questa è una realtà inevitabile”, affermano fonti della Casa Bianca alla Cnn, e quindi ha scelto di esercitare la massima pressione da parte di Trump per convincere a non votare per la mozione quelli che oggi su Truth Social definisce “alcuni repubblicani deboli caduti nelle reti” dei democratici che continuano ad usare il “falso di Epstein per distrarre dalle loro cattive politiche e sconfitte, in particolare l’imbarazzo dello shutdown”. 

Con quattro repubblicani che hanno firmato la petizione, compreso Thomas Massie che è anche cofirmatario della mozione, tre deputati che hanno già annunciato che voteranno per la pubblicazione, i media americani prevedono che decine di altri repubblicani potrebbero votare, per evitare di tradire le promesse elettorali fatte sul caso Epstein, come ha in fondo fatto Trump bloccando la pubblicazione dei file.  

Secondo la Cnn, la Casa Bianca si è concentrata su due delle deputate che, insieme all’orma ex fedelissima di Trump, Marijorue Taylor Greene, che hanno firmato la mozione. Una è Lauren Boebert, anche lei considerata una grande alleata di Trump, che nei giorni scorsi ha sia incontrato alla Casa Bianca la ministra della Giustizia Pam Bondi e il capo dell’Fbi Kash Patel e poi ha anche ricevuto una telefonata del presidente, senza però che la repubblicana ritirasse la firma. Come non l’ha ritirata Nancy Mace, anche lei contattata da Trump e Casa Bianca, che ha spiegato in una lettera al presidente come da vittima di abusi sessuali considera la questione dei file di Epstein “profondamente personale”-.  

Un eventuale passaggio alla Camera della misura avrebbe un forte impatto politico, ma il successivo passaggio al Senato non è scontato. Massie, il deputato repubblicano diventato una sorta di nemesi per Trump che ha già dato il sostegno ad uno suo sfidante nelle primarie repubblicane, confida nel fatto che la mozione possa raggiungere una maggioranza a prova di veto, almeno 290 voti, in modo da “mettere tanta pressione sul Senato, e nel caso di approvazione del Senato allora sarebbe un grave passo per il presidente” l’eventuale veto. Intanto, per aumentare la pressione sui membri del Congresso, Massie e gli altri firmataria della mozione stanno organizzando a Capitol Hill conferenze stampa con le vittime della rete di traffico sessuale di minori di Epstein. 

 

 

Jeffrey Epstein avrebbe svolto il ruolo di consigliere informale di Steve Bannon, durante la campagna mediatica del 2018 finalizzata a promuovere e difendere il programma del presidente Donald Trump. È quanto emerge – secondo il Guardian – da alcuni dei file diffusi dalla commissione di vigilanza della Camera statunitense: uno scambio di sei giorni, dal 17 al 23 agosto, in cui Epstein fornisce a Bannon suggerimenti e indicazioni per le sue comparsate televisive e la sua strategia politica in generale. La presenza dell’ex stratega di Trump all’interno dei file era stata anticipata nei mesi scorsi da Elon Musk, a cui Bannon aveva risposto chiedendo l’intervento di un investigatore speciale per analizzare “tutti i documenti”. 

Dallo scambio emergono anche indicazioni di merito sulle politiche economiche dell’amministrazione Trump: Epstein suggerisce a Bannon argomentazioni per rispondere alle critiche sui tagli fiscali, sostenendo che le accuse di favoritismi ai più ricchi siano “fuorvianti” e insistendo sulla percezione pubblica degli sgravi alle corporation. I due commentano inoltre in tempo reale gli sviluppi del ‘Russiagate’ e le conseguenze per l’ex avvocato di Trump Michael Cohen, riconoscendo l’importanza dell’immunità concessa al publisher del National Enquirer, David Pecker, e prevedendo ulteriori rivelazioni sui pagamenti a donne legati al presidente. 

I messaggi mostrano infine l’attenzione di entrambi alla riservatezza dei loro contatti. Bannon manifesta timori per la costante sorveglianza attorno a Epstein, mentre quest’ultimo si offre di organizzare un incontro a New York “sotto la protezione dell’oscurità”, con accessi secondari e massima discrezione, proponendo il proprio appartamento sulla East 66th Street e garantendo che qualcuno avrebbe potuto accompagnare Bannon all’interno senza essere visto. Bannon accetta, chiedendo solo di fissare un orario. 

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