Cinque amici, una casa e l’intenzione di una notta da sballo, tra droghe, alcool e donne. È questa la premessa de “I giganti”, ritorno al cinema (e a Locarno, dopo sette anni da Perfidia) di Bonifacio Angius. “Sono amici, ma soprattutto perdenti, disperati, egoisti e vigliacchi – racconta il regista -. Sono diventati così perché hanno rinunciato all’accettazione della figura femminile e, di conseguenza, vengono a perdere una parte importante di loro. Anzi, fondamentale”.
Il ritrovo è a casa di Stefano, la voce narrante del film, che sia la pandemia sia il tradimento della ragazza che amava hanno rinchiuso in casa. Da lui arrivano altri quattro amici: Massimo, ossessionato dalla separazione della moglie e dalla figlia, Piero, un politico locale con suo fratello Riccardo e Andrea, gradasso e apparentemente sicuro di sè. Il dramma, tra confessioni e rivalse, si consuma nelle poche camere della casa e nell’arco di una notte. Arrivando a un inevitabile, tragico finale.
“Il film è nato una sera al bar quando io e Bonifacio stavamo bevendo un caffè – ricorda Stefano Deffenu, protagonista e cosceneggiatore della storia -. Siamo partiti dall’immagine di un uomo che punta un fucile verso un quadro e spara. Da lì la storia è arrivata da sola”.
Con “I giganti” Angius mette in scena l’autodistruttivitá del genere umano che parte dal particolare tragico di cinque amici, per finire a rappresentare il tutto. E per farlo il regista gioca coi generi – dall’horror, al melodramma, dal western al dramma da camera – e con un gruppo d’attori decisamente buono (la rivelazione è vedere il duo comico dei fratelli Stefano e Michele Manca – Pino e gli anticorpi – impegnato nel loro primo ruolo drammatico). Il risultato è un film che ha lo slancio di un’opera filosofica scritta però, come ha sottolineato il regista stesso, “da un cialtrone”.