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Gli attori italiani portano Netflix in tribunale: “Compensi irrisori”

Ottenere il compenso adeguato e proporzionato spettante per legge ai propri artisti mandanti. Questo il motivo per cui Artisti 7607, la società cooperativa che tutela e gestisce i diritti connessi di migliaia di attori e doppiatori in Italia e nel mondo, ha citato in giudizio Netflix presso il Tribunale civile di Roma.

In una nota, la cooperativa di collecting, spiega: “Dopo oltre otto anni di sterili trattative per ottenere i dati necessari alla determinazione del compenso per gli artisti previsto dalla normativa europea e Artisti 7607 si vede costretta a ricorrere al giudice ordinario per chiedere il rispetto della legge“. Diversi degli artisti rappresentati dalla cooperativa hanno detto la loro a sostegno della decisione di citare Netflix in tribunale”.

Netflix citata in tribunale

L’attore Neri Marcorè ha dichiarato: “Artisti 7607 fa una scelta doverosa per difendere la dignità professionale non solo dei nostri artisti ma di tutta la categoria. Non vogliamo subire atteggiamenti ostruzionistici e accettare compensi irrisori da parte delle piattaforme streaming, per le stesse ragioni che hanno motivato il recente sciopero degli attori e sceneggiatori americani. Tutti reclamiamo trasparenza dei dati di sfruttamento delle opere audiovisive e adeguatezza dei compensi’’.

Ha aggiunto Carmen Giardina: “Questi compensi di fatto costituiscono il salario differito di una professione per sua natura saltuaria e precaria. I diritti connessi al diritto d’autore non sono altro che un credito da lavoro. È molto grave e pericolosa questa spinta a svalutare le prestazioni artistiche degli interpreti’’.

Al fianco di attori e doppiatori anche Elio Germano: “Proprio le piattaforme che trattano e sfruttano dati si rifiutano, grazie al loro strapotere economico e contrattuale, di fornirci i dati previsti dalla normativa e di corrispondere conseguentemente i compensi agli artisti. E parliamo di multinazionali i cui ricavi vengono esclusivamente dallo sfruttamento di opere audiovisive’’.

“La Direttiva Copyright ha chiarito che le remunerazioni degli artisti devono essere ‘adeguate e proporzionate’ ai ricavi. Invece ci troviamo davanti a un sistema in cui le piattaforme, senza fornire tutte le informazioni previste dalla legge, chiudono accordi al ribasso e poi cercano di imporre le stesse cifre a tutto il mercato, così da tenere i livelli dei compensi degli artisti sempre molto bassi’’, ha aggiunto Michele Riondino.

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