Ha patteggiato due anni Gabriele Visco, il 52enne figlio di Vincenzo, ex ministro delle Finanze nei governi Prodi e D’Alema, finito ai domiciliari a febbraio per un presunto giro di favori sfruttando il suo ruolo di manager di Invitalia. Visco, accusato di corruzione e traffico di influenze, ha ammesso le proprie responsabilità e fornito nuovi spunti investigativi al pm Giulia Guccione, accedendo così ai benefici della pena concordata. Stessa scelta e stessa pena per le altre due persone coinvolte nell’inchiesta, l’avvocato Luca Leone, da lui fatto assumere come consulente ad Invitalia in cambio di una parte del suo stipendio, e l’ex consigliere comunale di An con una lunga carriera nella destra romana, Pierluigi Fioretti, che avrebbe agito come intermediario per la sua rete di relazioni con imprenditori amici e come sponsor per la sua carriera grazie proprio alle sue conoscenze in politica. Agli atti ci sono i tentativi di Visco di cercare di aggraziarsi le alte gerarchie vaticane tramite la ristrutturazione di chiese ed edifici religiosi col super bonus e quelli di agganciare anche il ministro al Made in Italy, Adolfo Urso. Visco era entrato nell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa sotto la gestione di Domenico Arcuri.