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Microplastiche, dall’oceano alla tavola. Quali sono pesci e molluschi più contaminati

Dall’oceano alla tavola le microplastiche finiscono nel piatto attraverso pesci e frutti di mare. Uno studio rivela quali specie ne contengono di più.

Pesci e frutti di mare contengono omega 3, proteine, ma anche microplastiche. A rivelarlo è uno studio condotto dalla Portland State University e pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers.

Il gruppo di ricercatori si è focalizzato sulla presenza di microplastiche nella fauna ittica dell’Oregon, in particolare nei pesci pinnati e nei molluschi. L’ulteriore obiettivo del team era di comprendere meglio le variazioni nei livelli trofici che classificano la posizione di un pesce nella catena alimentare e nei percorsi verso i consumatori.

I ricercatori confermano che le minuscole particelle di plastica, di dimensioni inferiori ai 5 mm, finiscono nel cibo che mangiamo. Dal lavaggio degli indumenti, dal consumo degli pneumatici agi imballaggi, il viaggio della plastica si conclude (anche) nel nostro piatto.

Il team ha quantificato le particelle antropiche – materiali prodotti dall’uomo, tra cui le microplastiche – nei tessuti commestibili di sei specie economicamente o culturalmente importanti in Oregon: scorfano nero (Sebastes melanops), merluzzo (Ophiodon elongatus), salmone reale (Oncorhynchus tshawytscha), aringa del Pacifico (Clupea pallasii), lampreda del Pacifico (Entosphenus tridentatus) e gambero rosa (Pandalus jordani).

microplastiche pesce
In senso orario partendo dall’alto a sinistra: salmone reale, merluzzo bianco, scorfano nero, gambero rosa, aringa del Pacifico e lampreda del Pacifico (crediti: NOAA Fisheries, Oregon Department of Fish & Wildlife, North Carolina Wildlife Resource Commission). Fonte: Portland State University

Gli scienziati hanno confrontato la concentrazione di particelle nei diversi livelli trofici e valutato se la loro posizione nella rete alimentare influenzava il tipo e la quantità di sostanze inquinanti nel loro tessuto. In 180 dei 182 campioni presi in esame, lo studio ha rilevato 1.806 particelle sospette. Le fibre maggiormente presenti erano particelle di microplastica.

Tra le specie analizzate, quella con le concentrazioni più alte di particelle antropiche era il gambero rosa. Questo mollusco si nutre filtrando le acque appena sotto la superficie. Il salmone reale aveva le concentrazioni più basse, seguito dal pesce scorpione nero e dal merluzzo nero.

“Abbiamo scoperto che gli organismi più piccoli che abbiamo campionato sembrano ingerire più particelle antropogeniche e non nutrienti”, ha detto la prof.ssa Elise Granek, che ha guidato il team di ricerca. “Gamberetti e pesci piccoli, come le aringhe, mangiano alimenti più piccoli come lo zooplancton. Altri studi hanno trovato alte concentrazioni di plastica nell’area in cui si accumula lo zooplancton e queste particelle antropogeniche possono assomigliare allo zooplancton e quindi essere assorbite dagli animali che si nutrono di zooplancton”.

Microplastiche, i pesci sono pieni delle particelle di plastica

Lo studio va a confermare quanto già emerso in ricerche precedenti, secondo cui le specie di vari livelli trofici assorbono particelle inquinanti (come le microplastiche), che si trasferiscono nel tessuto muscolare di cui l’uomo si nutre. Per i ricercatori, questi risultati evidenziano la necessità di ulteriori studi per capire come avviene l’assorbimento delle sostanze e di interventi politici per regolare la presenza delle particelle inquinanti nell’ambiente.

Un monito che acquista sempre più importanza, dato che questo non è l’unica ricerca ad aver rintracciato le minuscole particelle nella fauna ittica che mangiamo. Ce ne sono molte, e alcune sono anche molto vicine. Due studi italiani hanno infatti rivelato la presenza di microplastiche rispettivamente nelle cozze della Puglia e nei fondali del litorale laziale. L’inquinamento da plastica minaccia quindi sia il pesce nostrano che quello estero, oltre che l’intero ecosistema marino.

Inoltre, uno studio dell’ENEA ha dimostrato che la fauna ittica paga un prezzo altissimo a causa della tossicità delle micro e nanoplastiche. La ricerca, effettuata su modelli in vitro di orata e trota iridea, ha dimostrato che le nanoplastiche di polistirene (polistirolo) possono provocare la morte delle cellule degli animali marini.

Microplastiche, quali conseguenze per ambiente e salute

Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue “Future Brief”, un adulto ingerisce o inala dalle 39.000 alle 52.000 particelle di microplastica all’anno. Una quantità pari a 5 gr di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito.

Le minuscole particelle hanno invaso aria, acqua, suolo, finendo anche nel nostro organismo. Gli scienziati hanno trovato microplastiche nel sangue, nel cuore, nella placentanel cervello.

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