Si poteva senza dubbio puntare su altri temi, invece di fare tante (troppe?) domande su Elon Musk.
La conferenza stampa di fine anno (poi rinviata a giovedì 9 gennaio e diventata, di fatto, di inizio anno) di Giorgia Meloni è stata indubbiamente un grande successo dal punto di vista organizzativo e comunicativo. Nell’Aula dei gruppi parlamentari della Camera, riempita in ogni ordine di posto, erano presenti esponenti istituzionali e ben 160 giornalisti, italiani e stranieri. Agli organizzatori (Ordine dei Giornalisti e Associazione Stampa Parlamentare) erano arrivate anche ben 95 richieste di domande per la presidente del Consiglio, con 40 giornalisti sorteggiati. Ed è qui che, purtroppo, occorre rilevare una nota dolente.
Tra i tanti temi affrontati dai giornalisti nelle domande rivolte a Giorgia Meloni, c’è un grande assente: l’ambiente. Pur rilevando l’importanza di molte tematiche affrontate, ci sono delle questioni che non sono state minimamente citate nonostante, negli ultimi mesi, abbiano impattato in maniera drammatica sulla vita di milioni di cittadini italiani. La prima, senza dubbio, riguarda le conseguenze, varie ma tutte ugualmente gravi e non più trascurabili, della crisi climatica.
Si è parlato un po’ di tutto, durante la conferenza stampa di Giorgia Meloni. Dai temi sociali (leggi sulla cittadinanza) a quelli più strettamente politici (dalle riforme costituzionali del premierato e dell’autonomia differenziata, fino alle prossime elezioni regionali, la smentita di un rimpasto di governo almeno per quanto riguarda il Ministero dell’Interno, le recenti dichiarazioni di Donald Trump), sono stati tanti gli argomenti affrontati. A cominciare dal sostegno occidentale all’Ucraina, con la presidente del Consiglio che ha ricordato come la Russia abbia violato più volte alcuni accordi internazionali precedentemente sottoscritti, anche se a monopolizzare l’attenzione dei giornalisti che hanno potuto rivolgere una domanda a Giorgia Meloni è stato inevitabilmente Elon Musk.
Diverse le domande sul magnate sudafricano che entrerà a far parte dell’amministrazione di Donald Trump. E non solo per la vicenda Starlink, ma anche e soprattutto per le dichiarazioni molto controverse degli ultimi mesi, tutte a favore di governi o di esponenti politici di destra anche in Europa. Un tweet di Elon Musk sulla Magistratura italiana aveva addirittura provocato l’intervento diretto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ma per la presidente del Consiglio non si tratta di ingerenze nella politica di altri Paesi, a differenza di quanto avrebbe invece fatto George Soros finanziando partiti di sinistra.
Chiariamo una cosa: è lecito fare domande su Elon Musk, specialmente dopo le tante indiscrezioni su Starlink e alla luce degli ottimi rapporti tra il magnate sudafricano e Giorgia Meloni. Non è sbagliato chiedere chiarimenti o qualche informazione in più, ma forse non è troppo utile formulare la stessa domanda a più riprese per poi ottenere sistematicamente la stessa risposta.
E chiariamo anche un altro aspetto. Molte domande sono piuttosto scontate, anche se a seconda dei punti di vista possono essere giudicate doverose e necessarie. Il giornalismo forse si sta appiattendo, non guarda più alla qualità dell’informazione ma esclusivamente agli interessi di un pubblico molto cambiato rispetto al passato. Sicuramente, è cambiata la qualità della fruizione delle informazioni, ed è per questo che i temi sono sempre gli stessi, che si punta allo scontro più che al confronto, che alcune domande sono talmente assurde da raggiungere il loro scopo (diventare di tendenza o un po’ ‘trash’ sui social).
Se Elon Musk, insieme a Donald Trump, sono stati i protagonisti indiscussi delle domande rivolte alla presidente del Consiglio, inevitabile è stato anche affrontare la bella notizia della liberazione di Cecilia Sala, un risultato raggiunto dal governo e dalla diplomazia in un contesto decisamente delicato e complesso, legato indissolubilmente all’arresto, avvenuto appena tre giorni prima del fermo della giornalista italiana a Teheran e su richiesta degli Stati Uniti, di Muhammad Abedini a Milano.
Molte delle domande hanno anche seguito la stretta attualità. Come è legittimo e giusto che sia, Giorgia Meloni ha risposto a chi le chiedeva delle dimissioni di Elisabetta Belloni dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), anticipando anche la nomina del suo successore, Vittorio Rizzi. Ci sono poi state domande più personali, come quelle sulle accuse rivolte nei mesi scorsi alla sorella della premier, Arianna Meloni, ma anche al futuro politico della leader di Fratelli d’Italia (che ha ammesso di non essere sicura di volersi ricandidare al termine della legislatura, nel 2027).
La siccità è uno dei temi che potevano essere affrontati nelle domande a Giorgia Meloni. La Sicilia sta vivendo da diversi mesi una situazione gravissima, con acqua razionata e settori come quello agricolo in ginocchio, mentre altre Regioni (come Basilicata, Molise e Sardegna) sono già alle prese con una crisi idrica senza precedenti. Qualcuno avrebbe potuto far notare l’incongruenza tra i fondi stanziati per i dissalatori in Sicilia (circa 100 milioni) e i 15 miliardi che andranno a finanziare i cantieri del Ponte sullo Stretto di Messina. Anche qui, nessuno si è interessato di una tematica che è sì ambientale, ma che riguarda anche la vita di tanti cittadini italiani.
E pensare che, poco più di una settimana prima, nel suo discorso di fine anno, Sergio Mattarella aveva lanciato un monito alla classe politica italiana e non solo. Un monito presto dimenticato da tutti, giornalisti compresi. “La crescita delle spese militari, innescata nel mondo dall’aggressione russa all’Ucraina, che costringe anche noi a provvedere alla nostra difesa, ha toccato quest’anno la cifra record di 2.443 miliardi di dollari” – le parole del presidente della Repubblica – “Una cifra otto volte maggiore di quanto stanziato alla recente Cop29 a Baku, per contrastare il cambiamento climatico: un’esigenza, questa, vitale per l’umanità. Una sproporzione sconfortante“.
Proprio alla luce delle parole di Mattarella, si poteva (e forse si doveva) chiedere a Giorgia Meloni se il suo governo abbia intenzione di adottare una politica climatica più incisiva nella seconda metà della legislatura. E magari chiedere se possa essere considerato realizzabile un fondo riparazione per i danni climatici, da finanziare tassando gli extra-profitti delle aziende energetiche che si sono arricchite anche grazie ai rincari speculativi innescati dalla guerra in Ucraina. Come chiedono da tempo gli ultracriminalizzati attivisti di Ultima Generazione, che sbaglieranno pure nel metodo ma non nel merito. Potrebbe sembrare una provocazione, ma le polemiche legate ai ritardi dei fondi da destinare alle aree alluvionate dell’Emilia-Romagna dimostrano chiaramente che la domanda non sarebbe stata poi così fuori luogo.
Nessuno si è interessato nemmeno del dissesto idrogeologico, un’emergenza ambientale così diffusa in tutto il nostro territorio nazionale da essere diventata una triste abitudine. Il tema però si lega inevitabilmente a quello del cambiamento climatico, e in Italia si stanno raggiungendo proporzioni drammatiche. Quando va bene, dopo ogni alluvione, ci si trova a fare la conta dei danni, che molto spesso superano l’importo degli investimenti possibili per azioni di mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici. Quando va male, e questo purtroppo capita sempre più spesso, si piangono anche vite umane. Ma questo, evidentemente, interessa a pochi. Elon Musk è un personaggio controverso e avrà pure i suoi difetti, ma siamo davvero sicuri che sia più pericoloso dell’insicurezza generale dei territori in cui viviamo?
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