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Nel Regno Unito trovata la prima erbaccia resistente al glifosato

L’erbicida più utilizzato al mondo, il glifosato, è minacciato da un’erbaccia nel Regno Unito. Forse è il momento di ridurre l’uso del pesticida?

Un erbaccia sta mettendo in crisi il glifosato. Il pesticida più utilizzato al mondo è minacciato nella sua efficacia dal loietto italiano (Lolium multiflorum).

Gli scienziati hanno scoperto la resistenza di questa pianta all’erbicida in un’azienda agricola del Kent, nel Regno Unito. I ricercatori dell’ADAS (Independent environmental and agricultural advice) sono arrivati a questa conclusione dopo rigorosi test di laboratorio. L’erba infestante annuale colpisce in particolar modo il Regno Unito, dove il glifosato viene utilizzato per preparare i campi alle colture, eliminando la vegetazione dalla terreno.

In realtà è da alcuni anni che si rileva una certa resistenza al glifosato nelle comuni erbe infestanti presenti nei campi inglesi, ma questo è il primo caso documentato nel Paese. Per rilevare i primi segnali di resistenza al glifosato, che si sta sviluppando nelle popolazioni di loietto italiano del Regno Unito, ADAS e NIAB (National Institute of Agricultural Botany) hanno esaminato oltre 300 campioni di semi come parte dei test standard di resistenza agli erbicidi.

“Ci siamo imbattuti in diversi casi ad alto rischio in precedenza, in cui potevamo escludere la resistenza dopo il ricampionamento e il nuovo test. Tuttavia, questa è la prima volta che possiamo confermare, dopo test vigorosi e campioni multipli prelevati, che la resistenza al glifosato è presente in una popolazione di loietto italiano del Regno Unito”, ha spiegato John Cussans, uno scienziato dell’ADAS.

A questo caso confermato, si affiancano altre tre popolazioni sospette di loietto italiano che sono ancora in fase di monitoraggio da parte del team di ricercatori. In precedenza sono stati effettuati test approfonditi anche sulla gramigna nera e, nel 2023, su 166 campioni di bromo, ma non è stata rilevata questa “allergia” al pesticida.

“Questa scoperta è preoccupante ma non sorprendente. Sappiamo da tempo che la resistenza al glifosato era una questione di quando, non di se. Il messaggio principale che vogliamo che le persone traggano da questo è di valutare proattivamente i rischi e gestirli per ritardare lo sviluppo della resistenza nei campi o nelle fattorie. Dobbiamo stare attenti a come e quando utilizziamo il glifosato, restare vigili e seguire le raccomandazioni delle migliori pratiche”, ha affermato Katy Hebditch, consulente scientifico ADAS per le piante infestanti.

Lo studio è infatti un chiaro segnale per gli agricoltori, che dovrebbero ridurre la loro dipendenza dal glifosato. Secondo Helen Metcalfe, ecologa agricola presso la Rothamsted Research “È fondamentale agire ora per mantenere la gestione sicura di questa sostanza chimica”. L’esperta, citata in proposito dal Guardian, ha raccomandato agli agricoltori di ampliare la gamma di metodi per la gestione delle erbe infestanti per evitare che sviluppino la resistenza agli erbicidi.

L’uso del controverso erbicida è anche collegato a problemi di salute per chi ci viene a contatto. Da molti anni, agricoltori e associazioni ambientaliste lottano contro l’utilizzo del pesticida e le sue conseguenze sulla salute. In alcuni casi sono state avviate anche cause legali contro la principale azienda produttrice della sostanza: Bayer.

Glifosato, perché è dannoso per ambiente e salute

Nel 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato la sostanza come “probabilmente cancerogena” (categoria 2A). In pratica, spiega l’AIRC, si tratta di sostanze per cui ci sono prove limitate di cancerogenicità sull’uomo, ma dimostrazioni più significative nei test con gli animali.

Gli studi epidemiologici sui possibili danni del glifosato negli esseri umani hanno segnalato la possibilità di un aumento del rischio di sviluppare linfomi non-Hodgkin negli agricoltori e nelle persone a contatto con questa sostanza.

Sempre nel 2015 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha effettuato una valutazione tecnica dalla quale è emerso che “è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per gli esseri umani”. Un’affermazione alla quale sono giunte anche l’OMS e la FAO nella loro valutazione effettuata nel 2016. Nonostante le rassicurazioni, gli enti hanno comunque previsto delle misure di cautela, come il divieto di utilizzare il glifosato in aeree densamente popolate o la necessità di riesaminare i livelli massimi di residui di questa sostanza che per legge possono essere presenti dentro e sopra gli alimenti.

Per le associazioni come PAN Europe la cautela, però, non basta. Lo scorso dicembre, il collettivo ha annunciato il ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea, per contestare la decisione della Commissione Ue di estendere l’autorizzazione del glifosato fino al 2033.

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