Origine, trasparenza, materiali e impatto ambientali. Ecco cosa prevede il passaporto digitale per i vestiti.
Con il Regolamento Ecodesign o Regolamento ESPR (acronimo di Ecodesign for Sustainable Products Regulation), approvato dalla Commissione europea ad aprile 2024, vengono definiti una serie di requisiti di progettazione necessari per considerare un prodotto realmente sostenibile.
Il regolamento verrà adottato a partire dal 2027 ed ha come obiettivo quello di migliorare la sostenibilità e la tracciabilità dei prodotti in tutto il loro ciclo di vita. Prevede che quasi tutti i prodotti venduti nell’UE, compresi quelli del settore tessile, siano dotati di un passaporto digitale (Digital Product Passport) che fornisca informazioni complete riguarda all’origine, ai materiali utilizzati, all’impatto ambientale e con le indicazioni per il corretto smaltimento.
In cosa consiste il Passaporto Digitale per i vestiti
Ciascun prodotto tessile dovrà essere dotato di un’etichetta, un QR code o un codice a barre, che, una volta scansionato, darà accesso ad informazioni circa le caratteristiche di sostenibilità e riciclabilità del capo, nonché il suo processo di produzione e la sua provenienza. Particolarmente importanti saranno poi le informazioni relative all’impatto ecologico, come i dati sull’impronta di carbonio del prodotto.
Una vera e propria carta di identità digitale dettagliata che guiderà non solo i consumatori a fare scelte d’acquisto più etiche e consapevoli, ma anche le aziende a ridurre l’impatto ambientale e rendere le informazioni sulla sostenibilità sempre più attendibili.
Il DPP includerà:
- Identificativo unico del prodotto
- Documentazione di conformità
- Riutilizzabilità
- Informazioni legate alla tracciabilità, come la presenza di “sostanza preoccupanti”
- Tipo di energia utilizzata per la sua realizzazione
- Quantità di acqua
- Presenza di materiali riciclati
- Altre informazioni aggiuntive
“La nuova strategia dell’UE per il tessile circolare e sostenibile è stata fatta seguendo una proposta di legge che abbiamo inviato al Parlamento europeo in 60 organizzazioni non governative. – spiega a TeleAmbiente Marina Spadafora, stilista e coordinatrice di Fashion Revolution Italia – Come quando compriamo qualcosa al supermercato, ci aspettiamo di trovare sul retro tutti gli ingredienti, ora questa cosa è stata sdoganata anche per i vestiti”.
Le criticità del passaporto digitale di prodotto
Nonostante gli evidenti lati positivi e l’impatto che l’introduzione del DPP avrà su produzione e acquisti, si tratta di una novità che presenta anche delle criticità nella sua stessa applicazione.
“Il problema è che non si tratta di un passaggio immediato. Ci sono ostacoli come il fatto di avere un sistema standardizzato o riuscire a mappare e a dare criteri di comparazione comune per tutti i prodotti. – spiega a TeleAmbiente la deputata PD Elenora EVi – Si tratta di un lavoro molto grande da fare. Altre criticità riguardano i prodotti che vengono fuori dall’UE, dove sarà più complesso garantire una piena tracciabilità. Inoltre, il fatto che il passaporto sarà introdotto per i nuovi prodotti immessi sul mercato ma quelli prima di questo regolamento non avranno alcun passaporto digitale”.
Divieto di distruggere capi e scarpe invenduti
Tra le altre normative previste dal regolamento Ecodesign c’è anche il divieto diretto di distruzione di prodotti tessili e calzature invendute.
Nel 2017 il noto brand di fast fashion H&M finì sotto accusa per lo scandalo dei vestiti bruciati: parliamo di 12 tonnellate di vestiti all’anno. Il gruppo avrebbe incenerito circa 60 tonnellate di abiti invenduti e ancora utilizzabili dal 2013 al 2017. H & M smentì ovviamente subito queste affermazioni.
Il problema di brand come H&M e del modello del fast fashion è l’idea che, se qualcosa non è più di moda, allora non può più essere venduta. Ma non è solo il settore low cost ad aver applicato questo modello ai prodotti invenduti.
Nell’industria del lusso tra tutti fece scandalo nel 2018 il marchio Burberry per aver bruciato vestiti e accessori per un valore pari a 31 milioni di euro. Le firme più rinomate decidono di attuare questa pratica per tutelare “la proprietà intellettuale” delle loro creazioni e difendersi dal timore di contraffazioni o vendite sottocosto. Con il regolamento Ecodesign questa pratica, però, non sarà più possibile.
L’articolo Cos’è e come funziona il Passaporto Digitale per i vestiti proviene da Notizie da TeleAmbiente TV News.