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Abruzzo, due anni senza l’orso Juan Carrito. Il Parco: “Ecco cosa ci ha insegnato”

Due anni senza l’orso bruno marsicano Juan Carrito morto il 23 gennaio 2023 a Castel di Sangro, in provincia de L’Aquila, in Abruzzo, dopo essere stato investito da un’auto. 

Due anni senza l’orso bruno marsicano Juan Carrito. Era il 23 gennaio 2023, quando il plantigrado ribattezzato M20 morì a Castel di Sangro, in provincia de L’Aquila, in Abruzzo, dopo essere stato investito da un’auto. Una vera e propria tragedia per il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise impegnato nella tutela degli animali selvatici. “La fredda sera del suo investimento resta indelebile nelle nostre menti e nei nostri cuori per il profondo dolore provato“, commenta lo staff dell’Area Naturale Protetta.

Un dramma che, a detta degli scienziati, deve insegnare, e insegnarci, a convivere con l’orso bruno marsicano, così da non renderlo confidente. Tra le lezioni imparate, l’inserimento degli avanzi di cibo in secchi resistenti, il rispetto dei limiti di velocità lungo le strade di montagna e l’utilizzo di materiali di prima qualità per costruire arnie, pollai e ovili. Stop, inoltre, alla pubblicazione di foto e video sui social con protagonista la fauna selvatica.

 

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Juan Carrito aveva quattro anni, era il figlio dell’orsa Amarena uccisa con un colpo di fucile il 31 agosto 2023 ed era diventato la mascotte del territorio. Negli ultimi mesi della sua vita, M20 aveva “rubato” teglie di biscotti in una pasticceria, aveva distrutto le arnie per mangiarne il miele e si era avvicinato troppo alle abitazioni. Proprio per questo la presenza dell’orso bruno marsicano aveva diviso cittadini e scienziati. Se per alcuni il plantigrado era un simbolo dei borghi abruzzesi, per altri il carattere mansueto dell’animale rappresentava un pericolo per la sua stessa incolumità. “Juan Carrito è l’equivalente di un Gian Burrasca“, aveva dichiarato a Teleambiente Giovanni Cannata, Presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Animali, l’etologa Chiara Grasso: “Ecco cosa fare se si incontra un orso”

Visitare il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise significa immergersi nella natura più incontaminata. Ma cosa fare se si incontra un orso? È meglio scappare via o mantenere la calma? E perché è necessario portare i cani al guinzaglio durante le escursioni naturalistiche? A rispondere a queste domande è l’etologa Chiara Grasso: “Ricordiamoci sempre che il bosco, prima di essere la nostra palestra di allenamento oppure il nostro hobby, è la casa degli animali. Quando un esemplare ci attacca, spesso lo fa per difendersi. Fondamentale, di fronte a un grosso mammifero come un plantigrado, evitare di farci vedere come una minaccia. Non siamo, però, neanche una preda, quindi, non bisogna correre, perché fa scatenare nell’animale selvatico l’istinto di rincorrerci“.

 

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Necessario, in caso di contatto fisico, restare fermi: “Se vediamo un orso durante un’escursione naturalistica, manteniamo la calma, indietreggiamo lentamente ed eventualmente mettiamoci su un’altura. Con tranquillità gli lanciamo dei “no” e dei “vai via” secchi. Se un plantigrado si mette sulle zampe posteriori, non lo fa per attaccare bensì per controllare meglio il territorio circostante. A quel punto non dobbiamo lanciargli pietre, zaini o bastoni. Soltanto se il mammifero arriva a un contatto fisico, ci sdraiamo per terra con le mani sul collo e stiamo fermi“.

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