ROMA – “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”: una citazione, questa del titolo del saggio-reportage del giornalista americano John Reed sulla rivoluzione russa del 1917, che si adatta anche all’inizio della presidenza di Donald Trump. Tra il 20 e il 30 gennaio, infatti, ordini esecutivi in serie hanno riguardato e messo alla prova ambiti cruciali della politica globale. Dagli aiuti umanitari all’estero, alla deportazione di persone migranti. Senza dimenticare la salute. Tema numero uno per definizione: la salute viene prima di tutto. Uno dei decreti presidenziali dispone infatti il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’organismo di base a Ginevra che dal Dopoguerra coordina gli sforzi delle Nazioni Unite contro malattie, epidemie e pandemie. Non solo: l’Oms investe in contesti vulnerabili, dove il diritto alle cure, all’assistenza e alle pari opportunità è tutt’altro che garantito. L’ordine esecutivo firmato da Trump stabilisce un periodo di preavviso di 12 mesi per l’uscita degli Stati Uniti dall’Oms e la parallela cessazione di tutti i contributi finanziari. Washington resta a oggi di gran lunga il maggiore “donatore” dell’Oms, assicurando circa il 18% delle risorse complessive. Il budget più recente dell’Organizzazione, per il biennio 2024-2025, è stato di 6,8 miliardi di dollari.
La decisione sull’Oms non riguarda solo l’America. E la possibilità di un ritiro di Washington è al centro di un dibattito internazionale e anche in Europa. In un’intervista con l’agenzia Dire a ragionare di scenari e a denunciare rischi è anche Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università cattolica di Roma ed ex consulente del governo italiano durante la pandemia di Covid-19. “È un grave danno per la salute globale” la premessa dell’esperto sulla decisione di Trump. “Di fatto oggi abbiamo tutta una serie di sfide enormi che possono essere vinte soltanto attraverso una collaborazione internazionale”. Secondo Ricciardi, “non c’è nessun Paese, anche grande come gli Stati Uniti, che ce la può fare da solo, soprattutto per minacce come quelle dei virus e dei batteri che non hanno confini e che, come per esempio nel caso dell’influenza aviaria, si stanno sviluppando in America proprio ora. Quindi”, spiega il professore, “è un danno per loro, un danno per l’umanità ed è un ulteriore masso sul cammino per il miglioramento della salute globale”.
Ma come potrebbero cambiare gli equilibri mondiali della salute? “Un Paese che ha le dimensioni e l’importanza degli Stati Uniti”, risponde Ricciardi, “che ‘si sgancia’ dalla salute globale, che può essere affrontata soltanto insieme, è un danno per tutta l’umanità”. Sull’eventualità che anche l’Italia possa seguire le orme di Washington, Ricciardi è invece scettico: “Fa parte strettamente dell’Unione Europea, una delle leve del mondo che sostiene maggiormente e che partecipa di più alle attività dell’Organizzazione mondiale della sanità; francamente non penso che il nostro Paese possa andar dietro agli Stati Uniti”. Differente la lettura che delle scelte di Trump dà Guido Rasi, docente di Microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata e consulente del ministro della Salute, già direttore esecutivo di European Medicines Agency (Ema). “Se si tratta di una mossa negoziale, come ci auguriamo, è anche la benvenuta, perché l’Oms va ripensata” evidenzia l’esperto. “Se invece è una mossa definitiva, sicuramente rappresenta un rischio per la sanità mondiale”. Secondo Rasi, pure intervistato dalla Dire, “l’Oms non ha performato molto bene negli ultimi anni e durante la pandemia sono stati fatti tanti errori”.
Il docente continua: “È un’istituzione fondamentale per la salute mondiale, che però va seriamente ripensata nelle metodologie di lavoro; ha i suoi anni e come tutte le cose deve adeguarsi ai tempi, diciamo che serve un ‘colpo di reni’ per rinnovarla”. Rasi evidenzia che “l’Organizzazione ha una governance regionale e dipende molto dalla politica dei vari Paesi”. Questo, secondo l’esperto, “crea consenso ma sicuramente si perde un po’ di efficienza e di standard”. Rasi parla della struttura dell’Oms. “E’ evidente che così non possa andare avanti” dice: “Non funziona nonostante abbia al suo interno dei professionisti di grande livello e produca documenti di grande qualità; è troppo dipendente dalle politiche nazionali, basti pensare all’esempio abbastanza drammatico della pandemia”. Ma cosa faranno l’Italia e l’Europa rispetto alle scelte americane e all’Oms? “L’Italia potrebbe avere la possibilità di svolgere un ruolo maggiore e le competenze le ha di sicuro” propone Rasi. “Anche l’Europa potrebbe svegliarsi: ha un approccio sociale molto sviluppato e potrebbe veramente dare un contributo metodologico e anche economico importante”.
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