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Rider a Milano: tanti, sommersi e sfruttati


Un mondo difficile da indagare con i numeri. Secondo una stima, a Milano, i rider dovrebbero essere tra 6.000 e 8.000 ma non esiste un dato ufficiale. Una ricerca, portata avanti dal mondo accademico tra il 2021 e il 2022, illustrata questo pomeriggio durante una riunione congiunta delle commissioni comunali Lavoro, Mobilità attiva e Sicurezza, traccia un identikit di questi lavoratori spesso costretti a lavorare per più di otto ore al giorno, sette giorni su sette, vittime di incidenti e aggressioni.

IL 52% HA UN DIPLOMA O UNA LAUREA, IL 12% È STUDENTE

L’indagine ha coinvolto con un questionario 240 rider milanesi. Il 98% è maschio e l’età media è di 30 anni, anche se è in aumento la componente di chi ha più di 35 anni (22%). “I principali luoghi di origine sono l’Asia, in particolare il Pakistan e l’Afghanistan e  il continente africano (tra i più restii a farsi coinvolgere dallo studio). Il 20% è italiano e solo il 22% ha la cittadinanza italiana”, dice Luca Boniardi, ricercatore del dipartimento di Scienze cliniche dell’Università degli Studi di Milano, tra gli autori di una ricerca. Il 52% ha un diploma o una laurea, mentre il 12% è studente. Il 40% vive fuori città e il 34% ha difficoltà a parlare italiano. Quanto al tipo di bicicletta, “il 47% usa la bicicletta elettrica e il 41% quella muscolare – prosegue il ricercatore -. Nella stragrande maggioranza il rider è il proprietario della bicicletta che utilizza per lavorare”. Il 41% lavora con la partita iva, il 25% lavora per più piattaforme e il 15% ha un’anzianità lavorativa di più di 3 anni. Rispetto al 2019, anno in cui era stata fatta una ricerca simile, “si riduce la componente degli under 25 che passa dal 57% al 20% e i possessori di cittadinanza italiana”.

‘SI DÀ PER SCONTATO CHE QUESTO LAVORO SI SAPPIA FARE, MANCA LA FORMAZIONE’

Dal punto di vista dei contratti, aumentano il numero di quelli a tempo indeterminato (dal 3% al 36%) e le partite Iva (dal 12% al 41%). Quanto al lavoro, “il 44% dei rider intervistati dice di lavorare 7 giorni su 7 e il 23% per più di 8 ore al giorno”. Su questo incidono il free login -senza turni ma sulla base della disponibilità- e la cittadinanza. Il 38% ha dichiarato di aver avuto almeno un incidente, il 12% almeno un’aggressione fisica e il 28% almeno un aggressione verbale nell’ultimo anno. Il 63% dice di aver almeno un disturbo di salute dovuto al lavoro.  “Si dà per scontato che questo lavoro si sappia fare e non ci sono percorsi formativi”, dice Francesco Bonifacio, ricercatore e docente di Sociologia dei consumi al dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano. Per Luciano Fasano, professore di Scienza politica al dipartimento di Scienze sociali e politiche Università degli studi di Milano, i rider hanno bisogno di un’assistenza legale e sindacale per la gestione delle condizioni contrattuali, una formazione sulla lingua italiana e sul codice della strada e dei contratti più omogenei e trasparenti. 

‘SERVONO PROPOSTE PROPOSTE POLITICHE AVANZATE’

“Ormai tre anni fa abbiamo votato una mozione per istituire un albo dei rider, anche per monitorare la situazione, i corsi di sicurezza stradale e di formazione – dice il consigliere Daniele Nahum de I Riformisti Lavoriamo per Milano con Sala -. Avevamo proposto anche un’interlocuzione con le piattaforme per dei punti ristoro per i rider in città, proponendo di utilizzare anche degli spazi comunali. Purtroppo le mozioni sono carta straccia, non abbiamo un potere legislativo, ma la giunta si era impegnata a portare avanti questa iniziativa e credo che dal punto di vista politico vada riproposta in maniera forte. Una giunta che ha una matrice ideologica come la nostra sui rider dovrebbe portare delle proposte politiche avanzate”.
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