L’Italia è tra i Paesi più colpiti dalla crisi climatica: ondate di calore, siccità e alluvioni causano migliaia di morti e miliardi di danni.
L’Italia è il Paese europeo più colpito dalla crisi climatica. E il quinto a livello mondiale. È quanto emerge dal Climate Risk Index, l’indice di rischio climatico calcolato dagli esperti di Germanwatch su dati dell‘International Disaster Database (Em-dat) per quanto riguarda i fenomeni meteo estremi e del Fondo Monetario Internazionale (FMI) per i dati socio-economici.
Crisi climatica, la vulnerabilità italiana
Il report Climate Risk Index 2025 presenta i dati relativi al 2022 e mette sul piatto due diverse classifiche: quella relativa al singolo anno 2022 e quella aggregata dal 1993 al 2022.
Nel solo 2022, l’Italia è stata il Paese europeo più colpito e il terzo a livello mondiale, dietro a Pakistan e Belize.
Guardando il dato aggregato nel periodo 1993-2022, a livello mondiale, l’Italia è il quinto Paese più colpito dalla crisi climatica negli ultimi 30 anni preceduta solo da Dominica, Cina, Honduras e Myanmar.
Le principali minacce per l’Italia sono rappresentate da ondate di calore estremo, siccità, incendi, inondazioni e danni alle infrastrutture.
Le temperature torride degli ultimi decenni hanno causato migliaia di morti e danni economici enormi, mentre la siccità ha compromesso gravemente la produttività agricola.
Gli incendi, sempre più frequenti, hanno devastato ampie porzioni del territorio, e le piogge torrenziali hanno provocato frane e alluvioni disastrose. Eventi come le forti inondazioni lungo il fiume Po, in particolare quelle del 1994 e del 2000 in Piemonte, sono solo alcuni esempi delle gravi conseguenze del cambiamento climatico sul nostro Paese.
In termini di perdite, il bilancio è impressionante. Negli ultimi trent’anni, più di 38.000 persone hanno perso la vita in Italia a causa di eventi meteorologici estremi, mentre i danni economici sono stimati in circa 60 miliardi di dollari.
Un dato che non riguarda solo il passato, ma che lascia presagire un futuro sempre più complesso, in cui il costo umano ed economico della crisi climatica potrebbe aumentare se non verranno adottate politiche adeguate.
Crisi climatica, un problema mondiale
Non è solo l’Italia a subire le conseguenze della crisi climatica. Negli ultimi trent’anni, il mondo intero ha vissuto una drammatica intensificazione degli eventi meteorologici estremi, con conseguenze devastanti per milioni di persone. Secondo i dati del Climate Risk Index, tra il 1993 e il 2022 oltre 765.000 persone hanno perso la vita a causa di più di 9.400 eventi estremi, mentre i danni economici globali hanno superato i 4,2 trilioni di dollari.
Paesi come Cina, India e Filippine hanno sperimentato eventi estremi ricorrenti, mentre nazioni più piccole e vulnerabili come Dominica, Honduras, Myanmar e Vanuatu sono state colpite da eventi di portata eccezionale.
Anche l’Europa meridionale ha subito un impatto significativo: oltre all’Italia, anche Spagna e Grecia figurano tra i dieci paesi più colpiti al mondo negli ultimi trent’anni.
Il commento del WWF
Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, ha commentato i dati del report affermando che “i Paesi del Mediterraneo dimostrano di essere i più colpiti dagli eventi climatici estremi, il cui aumento in numero e intensità è legato alla crisi climatica”.
“I Paesi del Nord del Mediterraneo – ha aggiunto – stanno già soffrendo moltissimo, l’impatto di alluvioni e ondate di calore colpisce la popolazione e le attività economiche. Chi si illude che a soffrire per il cambiamento climatico saranno solo le future generazioni, non solo è un egoista contro-natura, visto che non protegge la propria prole e i propri discendenti, ma sbaglia di grosso. Ci auguriamo che questi dati inducano anche il Governo e il Parlamento italiani a prendere iniziative attive per rilanciare l’azione climatica in tutte le sedi, da quelle multilaterali al G7 e G20.
E a fare la propria parte per abbattere le emissioni di gas serra, a partire da quelle provocate dai combustibili fossili e dalla deforestazione, e per cominciare ad attuare il Piano di adattamento. Molto importante, anche alla vigilia del proseguimento della COP16 sulla biodiversità a Roma, che vengano garantiti i soldi necessari per la transizione e si rendano disponibili i fondi necessari per aiutare il Sud del Mondo ad affrontare la crisi: quando parliamo di decine e decine di punti di PIL a rischio -con casi già oggi ancor più catastrofici- non c’è scusa che tenga”.
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