Il Carnevale è una ricorrenza molto amata dai bambini, per via delle maschere e del travestimento, ma può essere anche un’occasione educativa pe abbattere gli stereotipi di genere
Il Carnevale può diventare un’occasione per trasformare il gioco del travestimento in uno strumento di libertà, permettendo ai bambini di esplorare identità e ruoli senza le limitazioni imposte dagli stereotipi di genere. D’altronde quando si parla di parità di genere vediamo che il divario è ancora lontano dall’essere colmato, per questo è necessario cogliere ogni opportunità per combattere i pregiudizi e promuovere una cultura più inclusiva, a cominciare proprio dal travestimento a Carnevale.
Travestimento attività pedagogica
Il travestimento è una pratica fondamentale, in particolare per quanto riguarda il bambino piccolo, quindi nella fascia 0-6 anni, però continua a essere importante anche dopo, come spiega Giovanna Giacomini, pedagogista, formatrice e ideatrice del modello Scuole Felici e del portale Eduwow: “Se ci pensiamo, quando poi si diventa anche adulti, c’è un interesse spiccato anche per le attività artistiche come il teatro, perché rientra un po’ in quelle forme di rappresentazione dove c’è la netta sensazione che si può essere più liberi di impersonificare qualsiasi cosa, quindi è fondamentale perché al primo posto, tra i benefici, c’è la promozione della propria creatività e lo spazio dell’immaginazione”.
L’inclusività
Giovanna Giacomini spiega anche che il travestimento di Carnevale è inclusivo e lascia molto spazio per l’intelligenza emotiva, ossia il poter mettere in scena delle emozioni, in modo da comunicare più facilmente con gli altri, ma anche di comprendere meglio l’altro.
Travestimenti di Carnevale e stereotipi di genere
Se dunque il travestimento ha un ruolo pedagogico importante, vediamo che purtroppo i travestimenti dei bambini fanno emergere, in modo ancora più forte, gli stereotipi di genere. “Basta entrare in un qualsiasi negozio – spiega Giovanna Giacomini – e vediamo delle proposte che sono sempre molto differenziate in maniera veramente marcata tra maschi e femmine. Mi ha sorpreso particolarmente vedere la proposta per le professioni sanitarie, dove il bambino rappresentava il medico, mentre l’immagine proposta per la bambina era l’infermiera. Quindi c’è una netta distinzione che viene offerta anche da tutto quello che è il prodotto consumistico e il marketing”.
Superare i pregiudizi
Ma in che modo il Carnevale può favorire una riflessione per superare questi pregiudizi? Secondo Giovanna Giacomini bisogna offrire ai bambini più modelli possibili in modo abbiano effettivamente una libertà, poi anche passare da un ruolo all’altro: “Non è necessario che il bambino scelga un costume, può essere anche un insieme di stoffe che di volta in volta diventano qualsiasi cosa. Questo per esempio nei servizi educativi si fa spesso, si mette il baule dei travestimenti e di volta in volta mettendomi un cappello o un mantello divento un personaggio oppure un altro”.
Raccontare storie diverse
Un’altra opportunità pedagogica offerta dal Carnevale è quella della multiculturalità e del raccontare storie diverse: “I carnevali sono tanti nel mondo e portano con loro tradizioni differente. Questo significa offrire un’apertura ce consente di superiore ulteriormente stereotipi ed educare maggiormente alla parità” dice Giovanna Giacomini.
Il ruolo dei genitori
Il genitore ha un ruolo fondamentale perché, involontariamente, potrebbe rafforzare lo stereotipo. Come fare in modo che anche i genitori cambino prospettiva? “Noi abbiamo un compito importante – dice Giacomini – chi lavora nella scuola porta una divulgazione, un’informazione. Perché se spiego al genitore quanto sia importante il ruolo che ha nella scelta delle prime cose per il bambino, allora lo metto nelle condizioni di fare una scelta consapevole”.
Strumenti utili per i genitori
Ci sono poi numerosi strumenti che vengono in aiuto dei genitori, come albi illustrati e film animati. “Questi strumenti sono importanti per il genitore perché diventano una base dalla quale partire per raccontare storie, per riuscire a portare proprio un modello inclusivo e un’attenzione al linguaggio in modo da riflettere quanto importante sia non indirizzare anche attraverso quello che diciamo” conclude Giovanna Giacomini.
Intervista integrale a Giovanna Gicaomini
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