ROMA – “Shams”, belli come il sole. “Come la luce che illumina quei volti, di bambini felici di poter continuare ad andare a scuola nonostante la guerra, le incertezze, le difficoltà” spiega Marco Palombi, fotoreporter, romano, cittadino del mondo.
“Shams” è il titolo di una mostra in corso a Beirut in questi giorni, fino al 20 marzo, al Nicolas Ibrahim Sursock Museum. “Ho scattato le foto visitando le scuole semi-distrutte del sud del Libano”, sottolinea Palombi, in un’intervista con l’agenzia Dire: “In quelle aule ho sentito tutta la forza, la resilienza e l’impegno di insegnanti che ce la mettono tutta, innamorati del loro lavoro”.
La mostra è stata organizzata e promossa dalla sede di Beirut dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), che ha curato anche la pubblicazione del catalogo. Pagina dopo pagina, ci sono le immagini e le speranze di pace che attraversano il Libano nonostante le nuove guerre mediorientali e le incognite di un cessate il fuoco con Israele, sottoscritto il 27 novembre 2024, che a oggi resta a rischio e non può essere dato per scontato.
Negli scatti di Palombi ci sono i progetti e i contributi di organizzazioni internazionali e della società civile, da Avsi a Unicef, da WeWorld a Terre des hommes, da Intersos a Coopi, dal Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) a Cesvi e a Comi.
“Incisività, sostenibilità, inclusività” sono le parole poste a incipit nel catalogo della mostra: “Tre vocaboli che racchiudono la visione e l’impegno dell’Italia a sostegno dell’educazione in Libano”.
Le foto sono documento e testimonianza. “L’idea di questa mostra è nata più di un anno fa e siamo riusciti a portarla avanti nonostante i fatti in Libano dello scorso autunno” spiega Alessandra Piermattei, direttrice di Aics a Beirut. “Volevamo presentare al grande pubblico la testimonianza del nostro impegno nel settore dell’educazione e abbiamo deciso di farlo tramite i volti degli studenti e degli insegnanti che hanno beneficiato degli interventi finanziati dalla cooperazione italiana”. E ancora sul titolo: “‘Shams’ è un richiamo ai bambini, che illuminano e ci obbligano ad andare avanti anche in situazioni molto difficili”.
Dal 2017 la cooperazione italiana si è impegnata a supporto di un’istruzione di qualità, sulla riabilitazione degli edifici scolastici, sulla formazione professionale e il supporto a una corretta alimentazione per gli alunni. Un impegno, questo, si sottolinea nel catalogo della mostra, “che non è venuto meno nei periodi di crisi attraversati dal Paese e che ha saputo anzi adattarsi alla mutevolezza del contesto”.
Nell’ultimo anno, Palombi ha seguito le missioni di monitoraggio dei progetti italiani, visitando scuole e centri di educazione informale in più regioni del Libano, ascoltando storie e raccontando per immagini l’impatto positivo che i progetti di assistenza hanno sui bambini e le bambine. Ne viene fuori uno spaccato che fissa nel tempo un periodo storico cruciale.
Secondo il governo di Beirut, tra l’8 ottobre 2023 e il 27 novembre 2024 raid e bombardamenti da parte dell’aviazione e dell’artiglieria israeliana in Libano hanno ucciso oltre 3.900 persone e ne hanno ferite più di 16mila. Allo stesso tempo gli sfollati sono stati oltre un milione.
E il conflitto non è storia ma è il presente, con nuove vittime e moniti. Sono del mese scorso gli appelli del capo dello Stato Joseph Aoun, del primo ministro Nawaf Salam e del presidente del parlamento libanese Nabih Berri affinché l’esercito di Israele rispetti la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e le clausole del cessate il fuoco ritirando i propri contingenti dalle località occupate a nord della frontiera.
Nelle fotografie di Palombi, autore di reportage sia per quotidiani italiani come “La Repubblica” e “La Stampa” che per testate straniere, la violenza, le ipocrisie e i trucchi della politica non si vedono. Ci sono i volti, gli sguardi, la curiosità per il mondo e la voglia di immaginare quello che sarà.
“Un dialogo fatto di luci e sfumature, che decostruisce ogni senso di alterità” si legge nel catalogo. “I volti che guardano l’obiettivo della macchina fotografica raccontano storie che assurgono a una rappresentazione collettiva di una generazione e in senso più ampio di un popolo la cui storia, per quanto travagliata, resta un simbolo di resilienza e speranza”
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