ROMA – I “popoli puri” del sud povero contrapposti alle “élites corrotte e scristianizzate” del nord ricco: visioni di papa Francesco, “peronista dalla testa ai piedi” e populista, anti-occidentale, affascinato dalla religiosità comunitaria russa ma secondo una tradizione tutta argentina. Sono gli orizzonti al centro di un’intervista dell’agenzia Dire con Loris Zanatta, professore ordinario di Storia dell’America Latina all’Università di Bologna, ora autore per Laterza di ‘Bergoglio. Una biografia politica’. “C’è un’idea di conflittualità molto argentina, che tende a dividere il mondo in popolo e anti-popolo” sottolinea lo studioso. “In questa visione, la storia diventa teatro di una guerra eterna tra il bene e il male”. Al tema Zanatta ha dedicato la vita. Tra i suoi libri figurano ‘Il peronismo’ (2008), ‘Eva Perón. Una biografia politica’ (2009); ‘Il populismo’ (2013), ‘Fidel Castro. L’ultimo ‘re cattolico” (2020) e ‘Il populismo gesuita. Perón, Fidel, Bergoglio’. La nuova opera su Francesco è uscita nei giorni del ricovero del papa al policlinico Gemelli. Non si tratta di un bilancio del pontificato ma di un tentativo di comprendere ragioni e significati, toccando più continenti e confrontando elementi di più culture politiche.
“Mettere un’etichetta a Bergoglio è un abuso un po’ come per tutti” la premessa di Zanatta. “Io lo definisco populista ma non uso questo termine come marchio per stigmatizzare o esaltare, bensì come concetto”. Secondo il professore, la categoria è tipica del cattolicesimo latino-americano. “La sua premessa è il mito di un popolo delle origini, puro e non corrotto dalla riforma protestante, dal razionalismo, dall’illuminismo e dal liberalismo; una degenerazione che richiede una forma di redenzione, incarnata a volte dal ‘caudillo’, che conduce il popolo alla terra promessa, che non sta nel futuro ma nelle origini della purezza”. Deriverebbe da qui, il “pauperismo” di Bergoglio. “Ciò fa del papa un peronista, dalla testa ai piedi” la tesi di Zanatta. “Né di destra, nè di sinistra, bensì ortodosso; e il peronismo viene dal fascismo, con spirito anti-moderno e anti-liberale, con la rivendicazione di un’identità cattolica, corporativa, nazional-popolare”. Una traccia che si ritrova in tanti dei discorsi pronunciati da Francesco, soprattutto nei Paesi del sud globale. “Più che critiche sono delle condanne dell’occidente e dei suoi valori” ragiona Zanatta. “Sono moniti rivolti ai popoli affinché non cadano nella prosperità, con il rischio di restare vittime di colonizzazioni ideologiche”.
Secondo il professore, questa visione è in contrasto anche con il cattolicesimo europeo, incarnato ad esempio da Benedetto XVI, che riconosce il valore fondamentale della ragione. E anche alcune citazioni di Alcide De Gasperi o Konrad Adenauer da parte di Francesco non cambierebbero le cose: si sarebbe trattato di concessioni a una platea di un altro mondo, mai ascoltate prima della partenza di Bergoglio dall’Argentina. E il populismo, nato ad altre longitudini, con i “narodniki” russi, è socialista? “Nel caso di Bergoglio lo chiamerei piuttosto comunitario” risponde Zanatta. “Ma ha però tratti simili rispetto al populismo russo; entrambi nascono in contrasto con le sirene occidentali e hanno gli stessi nemici: l’individuo moderno, contrapposto al popolo imbevuto di fede, e poi l’economia di mercato, la democrazia politica e la secolarizzazione”. Nell’universo politico di Francesco un riferimento è il filosofo Ernan Benitez. “Parlava del peronismo”, sottolinea Zanatta, “come di un comunismo di destra, fondato sul presupposto che l’individuo possa essere sacrificato all’unità della fede e della patria, però non ateo bensì confessionale”.
Tornano nell’intervista parole come “obschina”, la comunità rurale che riconosce solo lo zar e il pope, nella quale i populisti russi vedevano realizzarsi gli ideali cristiani. E si ricorda la dichiarazione dell’Avana, siglata il 12 febbraio 2016, due anni dopo l’annessione della Crimea da parte di Mosca. Nel documento Francesco e il patriarca Kirill sottolineano che “è necessario per superare le divergenze storiche” e unire gli “sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio”. “E’ un documento di affinità ideale, che va al di là del dialogo ecumenico” annota Zanatta. “Un fatto che non sorprende: l’eredità più profonda che lascia Bergoglio è il distacco, non so se definitivo, della Chiesa cattolica dall’Occidente e dai suoi fondamenti ideali”.
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