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Nuova ondata di violenza in Sud Sudan, 16 milioni di bambini a rischio


di Alessandra Fabbretti e Vincenzo Giardina

ROMA – Nuove violenze hanno interessato nei giorni scorsi il Sud Sudan, Paese che fatica ad uscire dalla guerra civile. Nello Stato settentrionale dell’Alto Nilo, una fazione ribelle fedele al vicepresidente Riek Machar si sarebbe scontrata con l’esercito. Nella contea di Nasir, invece, sempre nell’Alto Nilo, è stato abbattuto un elicottero della missione Onu in Sud Sudan (Unmiss) mentre cercava di trarre in salvo alcuni militari: un ufficiale e un casco blu hanno perso la vita. Il ritorno delle violenze ha le sue origini sempre nella disputa tra l’attuale presidente Salva Kiir e il suo vice Machar.

Proprio la rivalità tra i due leader ha causato lo scoppio del conflitto civile nel 2013 che ha causato quasi mezzo milione di morti. I due sono stati riconfermati ai vertici negli ultimi anni nell’ambito di un ampio sforzo diplomatico regionale culminato con un accordo di pace nel 2018, e la successiva formazione di un governo di coalizione che ponesse fine ai combattimenti. Ma, a partire da febbraio, come ricostruisce l’International Crisis Group, il capo dello Stato ha licenziato diversi alti funzionari di governo, suscitando la ferma opposizione di Machar, che ha denunciato la violazione dell’intesa del 2018. Da qui, la decisione di dispiegare l’esercito in varie regioni fedeli a Machar, come l’Alto Nilo, ma anche nella capitale Juba, dove funzionari governativi sono stati sequestrati.

La ripresa delle violenze è stata condannato dalle ambasciate di Francia, Canada, Germania e Olanda, mentre quella degli Stati Uniti ha ordinato la partenza di parte del proprio personale. Funzionari di Washington hanno confermato nuove violenze e scontri a carattere anche comunitario, insieme alla disponibilità di armi nel Paese. Sono inoltre scesi in campo i Paesi dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), blocco regionale in prima linea nella formazione del governo di coalizione. Al 43° Vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell’Igad svoltosi ieri proprio sulla “Situazione nella Repubblica del Sud Sudan”, l’organismo ha sollevato “preoccupazione per il deterioramento della situazione securitaria”, ribadito l’importanza dell’accordo del 2018 come “pietra angolare del processo di pace” nel Paese e sollecitato le parti ad usare “il dialogo” come unico mezzo di risoluzione dei conflitti.Annunciate, infine, missioni diplomatiche a Giuba per porre fine alla crisi.

Saranno oltre 16 milioni nel corso dell’anno i bambini bisognosi di aiuto umanitario in Sudan a causa del conflitto armato in corso dal 2023: lo ha denunciato la direttrice generale di Unicef, Catherine Russell, intervenendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

“A quasi due anni dall’inizio del conflitto, in Sudan si sta verificando la più grande e devastante crisi umanitaria del mondo” ha denunciato Russell. “Con l’economia, il sistema di servizi sociali e le infrastrutture quasi al collasso e senza una fine del conflitto in vista, stimiamo che quasi due terzi della popolazione totale del Sudan – più di 30 milioni di persone – avrà bisogno di assistenza umanitaria quest’anno”. Secondo la direttrice generale, “16 milioni di loro sono bambini e stanno pagando un prezzo terribile”.
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