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Charlevoix-Mosca, l’Occidente si gioca l’Ucraina


ROMA -G7 a due velocità a Charlevoix, in Quebec: da una parte, nel cinquantennale del forum, con la presidenza del Canada evidenzia la necessità da parte delle potenze d’occidente di cercare ancora “soluzioni comuni”; dall’altra affronta il piano scivoloso dell’attualità, con le difficoltà che segnano i dossier più urgenti, a partire da quello che riguarda Ucraina e Russia. A introdurre i lavori è la ministra degli Esteri di Ottawa, Mélanie Joly.

Il suo riferimento iniziale, declinato poi nella prima delle sessioni dei lavori, è al cinquantesimo compleanno del G7. Forum nato da ragioni economiche, in una fase di turbolenze dei prezzi petroliferi, chiamato però ora a tentare una sintesi politica. In tempi di incertezza, dazi, scontri verbali e non solo: quelli della nuova amministrazione statunintense di Donald Trump.

Ecco allora l’appello di Joly: il G7, dice, è deciso a continuare a lavorare per trovare “soluzioni comuni”, “affrontare sfide” e “cogliere opportunità”. Secondo la dirigente, i Paesi membri del forum “non devono fermarsi né arretrare” per via della “difficoltà dei compiti” che hanno davanti. “Negli ultimi anni”, dice Joly, “abbiamo lavorato mano nella mano, al tempo della pandemia di Covid-19, poi sull’Ucraina, sulla lotta al terrorismo e sul sostegno alle comunità più vulnerabili”.

Diversi passaggi sono dedicati al conflitto tra Kiev e Mosca. “Continueremo ad appoggiare l’Ucraina, che è vittima dell’aggressione della Russia” sostiene Joly. “Vogliamo una pace giusta e durevole in Ucraina e anche in Medio Oriente; e vogliamo poi la stabilità nella regione del Pacifico e la pace in Sudan e nella Repubblica democratica del Congo”. La ministra aggiunge: “Il mio obiettivo è che riflettiamo e lavoriamo insieme a soluzioni comuni”.

A Charlevoix per l’Italia c’è il vice-presidente del Consiglio Antonio Tajani. Sollecitato dai giornalisti, non si sottrae. Non è facile, perché mentre parla sono in corso dall’altra parte del mondo negoziati chiave. A Mosca si confrontano due delegazioni di funzionari americani e russi. A guidare il primo gruppo è l’inviato speciale Steve Witkoff. Sul tavolo c’è una proposta di cessate il fuoco di 30 giorni formulata da Washington, che è stata accettata nei giorni scorsi da Kiev. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov già invita a non “fare previsioni affrettate” rispetto all’ipotesi di intese. Mentre il consigliere Jurij Ushakov si spinge oltre. È in corso un “confronto disteso” tra Russia e Stati Uniti sulla proposta di un cessate il fuoco, ma Mosca non è interessata a una pausa nei combattimenti bensì a “un accordo di pace a lungo termine”.

È a questo punto, nonostante le incognite, che Tajani chiarisce la posizione dell’Italia. La sua idea non è la “coalizione dei volenterosi” prefigurata dal primo ministro britannico Keir Starmer, ma una missione di pace dell’Onu, “coperta” da una risoluzione del Consiglio di sicurezza, del quale fanno parte anche Russia e Cina. Tra i nodi da sciogliere, al tempo debito e se ci saranno le condizioni, anche le partecipazioni nazionali al contingente. “La posizione dell’Italia non è favorevole a un invio di truppe della Nato o dell’Ue in Ucraina”, sottolinea Tajani, “ma semmai, qualora si dovesse arrivare a una zona cuscinetto, che possa garantire una pace duratura, si potrebbe fare parte di una missione delle Nazioni Unite coperta da una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, di cui fanno parte Russia e Cina”. Il ministro aggiunge: “Il nostro obiettivo è la pace e siamo convinti che il 2025 sarà l’anno della pace in Ucraina”. E ancora: “Stiamo lavorando alacremente anche come G7; ringrazio in particolare l’Ucraina e gli Stati Uniti, che stanno dimostrando un grande impegno per concludere questa guerra”.

Secondo Tajani, “è importante anche” che Washington “abbia ripreso a sostenere” Kiev. Della “coalizione dei volenterosi”, un’ipotesi prefigurata da Starmer il 2 marzo, Tajani dice in risposta alla domanda di un cronista. “Noi crediamo più opportuno puntare su una scelta che coinvolga l’Onu”, sottolinea, “per garantire la possibilità di tutelare la pace, così come si fa con la forza di interposizione di Unifil tra Libano e Israele”. La prospettiva non è comunque immediata. “È tutto ancora molto prematuro” scandisce Tajani. “Mi auguro che i russi comprendano che è tempo di mettere fine all’aggressione e che decidano di lavorare anche loro per la pace”.

Il ministro italiano si sofferma sulla possibilità di un’integrazione di Kiev nell’Unione Europea. “L’Ucraina è candidata all’adesione all’Ue e riteniamo che anche non facendo parte della Nato debba avere una protezione simile a quella dei Paesi dell’Alleanza atlantica con l’articolo 5” la tesi di Tajani. “Ne discuteremo e vedremo cosa si potrà fare”.

Intanto a Mosca parla il presidente Vladimir Putin. “Buona l’idea” di un cessate il fuoco in Ucraina, dice, purché miri a “una pace durevole” rimuovendo le “cause della crisi”. E ancora: “Dobbiamo negoziare con i nostri colleghi americani e i nostri partner, magari anche con una conversazione telefonica con il presidente Trump, ma supportiamo l’idea di porre fine al conflitto in modo pacifico”. Ci sono insomma “questioni da discutere”. E molto dipenderà, è il monito di Putin, “da come la situazione si evolverà sul terreno”.
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