ROMA – E’ ancora agli arresti Mahmoud Khalil, il neolaureato della Columbia University di origini palestinesi arrestato il 9 marzo per la sua partecipazione alle iniziative pro-Palestina. Del suo caso si sta occupando anche Amnesty International, secondo cui Khalil “attualmente si trova in un centro di detenzione e le autorità gli hanno comunicato di aver ‘revocato’ il suo status di residente permanente e di aver avviato una procedura di espulsione”.
L’uomo “risiede regolarmente negli Stati Uniti, si è recentemente laureato alla Columbia University ed è sposato con una cittadina statunitense, dalla quale aspetta un figlio”.
Secondo l’organizzazione, Khalil “è stato preso di mira per il suo ruolo nelle proteste studentesche pro-Palestina, ma ha solo esercitato i suoi diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica. Non è stato accusato di alcun reato”.
Per la sua liberazione è sceso in campo anche il Consiglio per le relazioni americane e islamiche (Council on American-Islamic Relations, Cair), organismo fondato nel 1994 per difendere i diritti civili dei musulmani negli Stati Uniti. In una nota, il Cair riferisce di aver “denunciato la Columbia University” spiegando: “Per mesi, un comitato del Congresso ha fatto pressione sulle università affinché consegnassero i registri privati degli studenti, registri che possono essere usati come armi contro gli studenti che osano parlare a favore della Palestina. La Columbia ha obbedito.
Ora, Mahmoud Khalil, un residente legale degli Stati Uniti e uno degli studenti della Columbia, è stato arrestato dall’Ice, senza accuse, senza spiegazioni. E non è l’unico a rischio”. Il Cair denuncia un clima di “caccia alle streghe” e riferisce che vari studenti stanno denunciando i loro atenei per aver consegnato dati personali, “in violazione della privacy. In tutto il Paese- continua il Consiglio- stiamo assistendo a una repressione senza precedenti della libertà di parola, della libertà accademica e dei diritti civili fondamentali”.
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