ROMA – Quel giorno in Italia i morti furono 475. Non ce n’era mai stati così tanti. Il giorno prima furono 431, il giorno dopo 427. Ma soprattutto, il 18 marzo 2020 è il tragico giorno in cui a Bergamo, la città lombarda più colpita dall’epidemia di Coronavirus, sfilò la lunga fila di camion militari venuti per caricare le bare delle tante (troppe) persone morte, che gli obitori della Lombardia non potevamo più contenere. Non si sapeva più dove metterli. Dal cimitero di Bergamo partirono otto camion militari, divisi in tre carovane, che trasportavano 73 bare: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti. L’immagine fece il giro del mondo e divenne uno dei (tragici) simboli del Covid 19 in Italia.
Da quel giorno sono passati cinque anni e, a partire dall’anno successivo, il 18 marzo è stata decretata Giornata nazionale per il ricordo delle vittime del Coronavirus. Ricorrenza che cade anche oggi a distanza appunto di cinque anni.
BASSETTI: “I MORTI SONO DIVENTATI UN TABÙ”
A fare una riflessione, sui social in occasione di questa triste ricorrenza, è l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, tante volte in passato critico sulla gestione dell’emergenza. Oggi, sottolinea Bassetti, sembra essere diventato un “tabù” parlare dei tanti morti di quell’epoca, come se fosse più facile dimenticare quei numeri angoscianti che arrivavano, con tutta la loro drammaticità, alle 18 di ogni giornata con il bollettino dell’Istituto superiore di sanità che a quell’ora veniva reso pubblico. “La pandemia da Covid-19- scrive Bassetti- ha lasciato cicatrici profonde. Molti si sono voluti dimenticare di chi è morto tra la gente comune e tra i sanitari. È diventato quasi un tabù”.
“RIFLETTERE SU CIÒ CHE VA ANCORA FATTO”
Prosegue quindi Bassetti: “Oggi, inevitabilmente, il pensiero va a chi, in famiglia, tra gli amici e i conoscenti, è mancato a causa del Covid. Ancora oggi la Giornata delle vittime del Coronavirus dovrebbe essere un’occasione per riflettere su ciò che è stato fatto per superare l’emergenza e su ciò che si può ancora migliorare”.
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