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La campagna ‘Città con Nelson Mandela’ contro ogni ingiustizia


ROMA – Razzismo, discriminazione ed esclusione sociale sono sfide attuali più che mai, anche in Italia, e in questo quadro l’azione di prevenzione che da decenni svolgono le realtà del Terzo settore sui territori “costituiscono le gambe dell’Unar”. Ne è certo Marco Peradotto, coordinatore dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) della presidenza del Consiglio, che con l’agenzia Dire commenta la campagna ‘Città con Nelson Mandela’. L’iniziativa vuole restituire vigore al Movimento italiano anti-apartheid nato e cresciuto nei 27 anni anni dell’incarcerazione di Nelson Mandela, e che ha continuato a chiedere libertà e giustizia sociale anche dal 1990 in poi, quando Madiba venne scarcerato e divenne il primo presidente del Sudafrica libero dalle discriminazioni. Ora, il Centro antirazzista-amicizia Italia Sudafrica Benny Nato Onlus lancia un’iniziativa che spinga comuni e città a intitolare strade, piazze e luoghi pubblici a Mandela “e ciò testimonia il lavoro di recupero di quei valori” aggiunge Peradotto, che continua: “Il fatto che, poi, la campagna sia stata avviata all”interno della XXI Settimana d’azione contro il razzismo, dal 17 al 23 marzo, conferma l’impegno del nostro ufficio su questi temi”, che passa attraverso “la promozione di numerose attività in tutta Italia di prevenzione della discriminazione”.

PRESENTATA IN CONFERENZA STAMPA A ROMA PRESSO LA SEDE DELL’ANCI

Secondo il responsabile, “in un contesto globale molto diverso, è importante chiedersi, a 35 anni dalla liberazione di Nelson Mandela, cosa significhi il suo percorso” e come si possano “recuperare tutte quelle comunità territoriali come città, centri educativi, biblioteche e così via, che negli anni della lotta all’apartheid sudafricana erano state impegnate al massimo livello, riportandole a una riflessione sull’attualità”. In questo, il coinvolgimento delle nuove generazioni “è fondamentale”. ‘Città con Nelson Mandela’ è stata presentata in una conferenza stampa a Roma presso la sede dell’Anci. Già tanti gli organismi associativi che hanno deciso di sostenere l’iniziativa, a partire da Arci. “Purtroppo, i fatti ci insegnano che le conquiste non sono mai per sempre” ha sottolineato la sua vicepresidente, Raffaella Bolini, nel corso dell’incontro. “Viviamo in un’epoca in cui agiscono due tendenze pericolose: una a credere che viviamo in un eterno presente, dove tutto è emergenza e le cause non esistono, accantonando la responsabilità di prevenire i conflitti e le crisi. L’altra, è quella di riscrivere o cancellare la storia, che diventa così strumento della propaganda politica”. In questo contesto, i giovani hanno un ruolo attivo, “lo vediamo dai movimenti negli Stati Uniti e in Europa dove stanno recuperando i concetti come la lotta al colonialismo”, ma, ha avvertito Bolini, “non sono ascoltati e quando si attivano, sono contrastati o stigmatizzati”. Ecco perché la storia del Sudafrica e della lotta pacifica all’apartheid “è importante per recuperare un esempio di cambiamento dal basso, un successo che sembrava impensabile”.

MELI: “ASSISTIAMO AL NUOVO APARTHEID DI ISRAELE SUI PALESTINESI”

A Bolini fa eco Luciano Ardesi, del Cipax: “L’esperienza del Sudafrica ci insegna molto anche sul Medio Oriente di oggi – non a caso gli Stati Uniti hanno cacciato l’ambasciatore sudafricano – mentre l’Algeria sta combattendo una nuova battaglia sul riconoscimento della propria memoria con la Francia”, sua ex potenza coloniale. “Da Mandela”, l’appello di Ardesi, “ricostruiamo la memoria e la battaglia sui diritti, anche coi giovani che hanno scelto l’Italia come il Paese in cui vivere”. Più nello specifico, “assistiamo al nuovo apartheid di Israele sui palestinesi” ha avvertito Anna Meli, di Cospe, “come dimostrano i fatti recenti”, con la rottura del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e l’uccisione di centinaia di palestinesi nei raid israeliani. Meli ha richiamato anche l’attualità italiana, “con la comunità ampia degli afrodiscendenti che attendono risposte e diritti. È nostro compito sostenerli, anche con una campagna mirata”.

MMATHARI JACOBETH MASHAO: “RUOLO DI MANDELA RICONOSCIUTO A LIVELLO INTERNAZIONALE”

Vincenzo Curatolo, del Centro Benny Nato, ha ricordato che il Movimento italiano per la liberazione di Nelson Mandela promosse iniziative come boicottaggio e sanzioni accanto a eventi pubblici, intitolazione di luoghi e cittadinanze onorarie. Oggi, si possono recuperare queste iniziative a partire dalla toponomastica “e ho fiducia che tanti comuni aderiranno”, afferma. Roma ha già risposto lo scorso 24 febbraio, quando ha intitolato una piazza a Nelson Mandela nel cuore di Villa Ada. “È stata scelta questa data perché, in Sudafrica, celebriamo la Festa del retaggio culturale” ha sottolineato Mmathari Jacobeth Mashao, ministro plenipotenziario presso l’ambasciata del Sudafrica: “È una giornata in cui celebriamo le tante diversità culturali e tradizioni che caratterizzano la nostra ‘nazione arcobaleno’, ed è bello vedere come il ruolo di Mandela sia riconosciuto a livello internazionale, Italia compresa”. Nel mese di marzo, “ricordiamo anche il sacrificio di chi ha perso la vita per la libertà e la dignità”, a partire dal “massacro di Sharpeville, nel 1960”. Ma da quelle sofferenze, ha sottolineato Mashao, “è nata una delle Costituzioni più belle del mondo, frutto del lavoro di tante persone provenienti da fazioni e gruppi diversi, motivati dal detto di Mandela ‘se vuoi fare pace col tuo nemico, lavora col tuo nemico. E diventerà tuo alleato'”.

MALANDRI: “GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI FA CAPIRE CHE L’APARTHEID È PIÙ CHE ATTUALE”

Elisabetta Melandri, presidente del Centro informazione ed educazione allo sviluppo (Cies), ha richiamato il tema dei migranti: “La gestione dei flussi migratori ci fa capire che l’apartheid è più che attuale ed è ridicolo pensare di contrastarlo senza affrontare questioni come il cambiamento climatico oppure guerre e mancanza di diritti. Le persone in fuga da questi disastri non faranno che aumentare e non ci saranno Cpr o Centri in Albania che li potranno contenere”. Ecco perché “l’educazione è centrale, mai come oggi, dove l’esclusione degli ultimi diventa strutturale, l’educazione è atto politico”.
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