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Avanti con il muro anti-migranti nella Repubblica dominicana, ma degli haitiani c’è bisogno


di Sara Calabria

Cabarete (Repubblica dominicana) – Palme che oscillano al vento, spiagge incontaminate, mare cristallino. Ma anche arresti di migranti haitiani, espulsioni di massa e costruzione di muri di confine. I turisti che da tutto il mondo arrivano all’aeroporto di Punta Cana o di Puerto Plata spesso ignorano le profonde tensioni che intercorrono tra Repubblica dominicana e Haiti, Paesi che, geograficamente, condividono l’isola caraibica di Hispaniola ma che sono separati da rivalità antiche, oltre che da una profonda differenza in termini di ricchezza pro capite.Soprattutto negli ultimi anni, le misure adottate contro gli haitiani da parte del governo dominicano sono state molto severe e hanno incluso retate e deportazioni, spesso anche in aree rurali. Eppure, a causa dell’instabilità politica, della violenza delle bande armate e delle condizioni di estrema povertà in cui versa la popolazione haitiana, i migranti continuano ad attraversare i confini per cercare rifugio – e una speranza di vita migliore – nel Paese vicino.Il governo dominicano, dal canto suo, ha intensificato i controlli contro l’immigrazione irregolare giustificando queste misure con motivi di sicurezza nazionale, ordine pubblico e controllo dei flussi migratori. Tuttavia, le Nazioni Unite e anche associazioni per i diritti umani come Amnesty International hanno ripetutamente denunciato violazioni dei diritti fondamentali, anche con la deportazione di cittadini dominicani di origine haitiana. L’ordinanza più recente relativa all’espulsione di cittadini haitiani è stata annunciata nell’ottobre 2024, quando il governo dominicano aveva dichiarato di voler deportare fino a 10mila immigrati a settimana: secondo quanto riportato da Periódico El Día, nei primi tre mesi del 2025 sono stati rimpatriati 180.000 haitiani. Secondo fonti locali che preferiscono l’anonimato, però, “quegli haitiani che vengono deportati tornano in Repubblica dominicana pochi giorni dopo, spesso sullo stesso camion su cui erano saliti all’andata”, dopo aver pagato qualche guardia compiacente.

Tutto questo mentre, nella vicina Haiti, si assiste a un aumento della violenza delle bande con conseguenti proteste da parte della popolazione e sparatorie della polizia e, sullo sfondo, aleggia lo spettro del traffico di esseri umani, soprattutto di donne e bambini.Intanto, in Repubblica dominicana contrasti e tensioni sociali legati all’immigrazione non accennano a diminuire, come dimostra la recente manifestazione organizzata a El Hoyo de Friusa, una zona di Punta Cana ad alto tasso di haitiani, proprio per protestare contro l’eccessiva presenza di immigrati.

La marcia (che, non a caso, si è tenuta proprio nel giorno dell’anniversario della “battaglia del 30 Marzo 1844”, evento cruciale nell’ambito della Guerra d’indipendenza della Repubblica Dominicana dal dominio haitiano) è stata organizzata dall’Antigua Orden Dominicana (Aod), un movimento nazionalista guidato da Angelo Vásquez Hernández che ha tra gli obiettivi quello di difendere la sovranità e i valori della Repubblica dominicana. In particolare, Aod esprime preoccupazione riguardo alla saturazione di ospedali e scuole per la massiccia presenza di immigrati, nonché alla percezione di una diminuzione delle opportunità lavorative per i dominicani, a causa dell’assunzione di manodopera haitiana.

La manifestazione, svoltasi inizialmente in maniera pacifica, ha preso improvvisamente una piega violenta: gli organizzatori hanno sostenuto che un gruppo di infiltrati abbia volutamente provocato la polizia per compromettere il carattere pacifico del corteo, mentre c’è chi dice che siano stati gli stessi manifestanti ad oltrepassare i limiti stabiliti per la dimostrazione, invadendo le strade circostanti, con il conseguente intervento delle forze dell’ordine e l’arresto di alcuni partecipanti. Ne è nato un acceso dibattito che ha tenuto banco sui media locali.

Nei giorni precedenti alla marcia era stata comunque la stessa comunità haitiana residente nell’area ad esprimere preoccupazione per la propria sicurezza, e sembra che in molti avessero preferito lasciare la zona in previsione della marcia, come ha riportato The Haitian Times. Inoltre, secondo un altro giornale, The Dominican Today, numerose organizzazioni haitiane e dominicane avevano sollecitato il governo a non autorizzare la manifestazione, definita “xenofoba e razzista”.

In realtà, la manodopera haitiana è necessaria. “Ultimamente – ci spiega un imprenditore italiano che preferisce rimanere anonimo e che, da anni, si divide tra l’Italia e il sole di Santo Domingo – il turismo qui è aumentato incredibilmente. Sono stati costruiti resort, ville e hotel di lusso, tutti dotati di piscina e di ogni comfort. E il fatto che gli Stati Uniti siano geograficamente vicini ha dato una spinta ulteriore allo sviluppo del Paese”. L’imprenditore aggiunge: “Qui i turisti non mancano: quello che manca sia nel settore delle costruzioni sia in quello agricolo, è la manodopera; quella scarseggia e gli haitiani sono necessari”.I costruttori locali, infatti, non potrebbero presentare alla loro clientela internazionale ville e strutture ricettive “chiavi in mano”, se non ci fosse un esercito silenzioso composto dagli haitiani pronti ad occuparsi di quei lavori, i più faticosi, che molti dominicani non sono disposti a fare.Tuttavia, proprio queste deportazioni hanno causato carenza di operai nei settori dove, tradizionalmente, gli haitiani erano impiegati. “Adesso, se c’è una retata contro gli illegali spesso e volentieri sono gli stessi costruttori dominicani che nascondono gli immigrati” spiega l’imprenditore. “Li proteggono. Ne hanno troppo bisogno, senza di loro non vanno avanti”. E loro, gli haitiani, imparano presto il mestiere. E lavorano sodo.

Secondo una parte dell’opinione pubblica, la soluzione potrebbe essere quella di optare per una linea più morbida, introducendo un sistema di permessi di lavoro per gestire al meglio la situazione e bilanciare l’applicazione delle leggi sull’immigrazione con le esigenze del mercato di lavoro interno. D’altronde, anche l’ex presidente Hipólito Mejía ha recentemente evidenziato l’importanza della manodopera haitiana in settori chiave come l’agricoltura e le costruzioni, definendo “disumano” il rimpatrio di massa.Nel frattempo, però, le tensioni continuano e l’attuale presidente Luis Abinader ha appena dichiarato di aver approvato la costruzione di una nuova sezione del muro al confine con Haiti, per rafforzare la sicurezza nel Paese.

Come riporta l’agenzia di stampa statunintense Associated Press, Abinader ha poi annunciato un’altra serie di misure, da lui stesso definite “dolorose ma necessarie”, per frenare l’immigrazione clandestina. Il tutto tra le proteste degli attivisti per i diritti umani, che accusano il presidente di simpatizzare con i movimenti ultra-nazionalisti.Se ne riprenderà a parlare presto a Santo Domingo, dopo i tre giorni di lutto nazionale per il crollo del tetto della discoteca Jet Set. Nella notte tra lunedì e martedì scorso le vittime sono state almeno 218: tra queste la governatrice della provincia di Montecristi, Nelsy Cruz, un figlio del ministro dei Lavori pubblici Eduardo Estrella, lo chef siciliano Luca Massimo Iemolo, una donna con doppia cittadinanza dominicana e italiana e diverse persone con origini haitiane.
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