ROMA – A Gaza, “a differenza del passato, le nostre truppe resteranno nelle ‘zone sicure’ a tempo indefinito”. Lo ha affermato il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, spiegando che le forze di Tel Aviv “non lasceranno aree che sono state ripulite e prese”. Pertanto, i militari “resteranno nelle ‘zone sicure’ come ‘cuscinetto’ tra il nemico e le comunità in Israele in qualsiasi situazione temporanea o permanente a Gaza, così come in Libano e in Siria”.
Il riferimento è alle regioni meridionali del Libano, invase da Israele a partire dall’autunno scorso. L’accordo del cessate il fuoco di novembre raggiunto con Beirut ne richiederebbe l’uscita, sulla base di una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu del 1975. Inoltre, dopo la caduta del regime siriano di Bashar Al-Assad, a dicembre scorso, le truppe israeliane sono avanzate oltre le Alture del Golan. Quanto a Gaza, all’indomani della rottura del cessate il fuoco, Israele ha riavviato le operazioni militari con l’obiettivo di creare zone cuscinetto tra la Striscia e i confini di Israele. Tali azioni, vietate dal diritto internazionale, sono motivate da Tel Aviv con la necessità di proteggere la propria popolazione.
ATTESA LA RISPOSTA DI HAMAS SULLA PROPOSTA DI CESSATE IL FUOCO
Nel frattempo è attesa la risposta di Hamas a una proposta di cessate il fuoco da parte di Tel Aviv, che chiede il rilascio di undici ostaggi e il disarmo completo dell’ala armata del movimento politico, in cambio dell’accesso di aiuti umanitari alla popolazione. Sul punto, come riferisce il Times of Israel, Katz ha detto che la politica di Israele include anche “l’interruzione degli aiuti umanitari, che indeboliscono il controllo di Hamas sulla popolazione”, annunciando “la creazione, in futuro, di un’infrastruttura per la distribuzione degli aiuti attraverso aziende civili”. Tel Aviv ha chiuso le vie di rifornimento alla popolazione sostenendo che gli aiuti vengano gestiti e usati dal gruppo armato.
Tuttavia, le agenzie Onu e le organizzazioni umanitarie continuano a denunciare il taglio a beni vitali come acqua, elettricità, cibo e medicinali. L’ultima a intervenire in ordine di tempo è Amande Bazerolle, coordinatrice per le emergenze a Gaza di Medici senza frontiere, secondo cui “Gaza è stata trasformata in una fossa comune per i palestinesi e per coloro che cercano di assisterli. Vediamo in tempo reale la distruzione e gli sfollamenti forzati dell’intera popolazione”.
Contro la Striscia sono proseguiti intensi bombardamenti dall’alba di oggi. La testata The New Arab riferisce di 23 vittime nel nord in diverse località.
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