ROMA – “Signora, come fa quando la porta alle visite mediche, o come quando c’è il distacco a scuola?”. Anzi no, l’esempio non è adeguato perché la piccola Stella di visite mediche ne ha fatte già molte a 5 anni, e non ne ha paura. “Sa cosa mi viene in mente?, dice un’altra, “l’ha visto il film di Benigni ‘La vita è bella’? Faccia un po’ cosi. Mi sono letta tutti i manuali di molti casi di genitori in guerra che riuscivano ad esser tranquilli o a fingersi tali per far soffrire meno i propri figli. Tutto dipende molto da lei, signora, anche una bugia adeguata per far soffrire meno sua figlia”. “In fin dei conti la vostra è una piccola guerra, siete come sotto bombardamento- dice un’altra- e lei magari deve mettere in braccio sua figlia a uno sconosciuto per salvarla”. Questi i consigli che i servizi sociali del Municipio XII, come riferiscono alla Dire fonti riservate e testimoni, hanno dato a Susanna, la mamma di Stella (nome di fantasia), la piccola che un intero condominio nel quartiere capitolino di Monteverde ha protetto dal tentativo di prelevamento per portarla in casa famiglia, deciso dal Tribunale ordinario di Roma.
LE MOTIVAZIONI DEL DECRETO DI PRELEVAMENTO
La bambina ha resistito con tutte le sue forze mettendosi sotto al tavolo, urlando disperata e legandosi con lo scotch per restare nella sua casa con la mamma e i nonni. All’origine del decreto di prelevamento la diagnosi di una ctu che accusa la donna di essere ostativa al padre, rinviato a giudizio per violenza. La bambina manifesta paura e crisi nel vederlo. Il caso è finito alla Camera dei deputati, sollecitando interrogazioni parlamentari, dalla deputata Stefania Ascari e dalla senatrice Valeria Valente, ed è all’attenzione della Garante nazionale dell’Infanzia, Marina Terragni.Nel procedimento civile, come spesso accade nei casi in cui le donne denunciano abusi e maltrattamenti o ci sono racconti di violenza da parte dei minori, come per la piccola Stella, si parla sempre di “alta conflittualità”, e l’accusa di violenza, peraltro in questo caso pendente in un procedimento penale, contravvenendo alla convenzione di Istanbul, viene totalmente ignorata come se penale e civile non si parlassero e come se sui fatti e il loro accertamento prevalesse la perizia di uno psicologo. Anche questo teorema scardinato con la Cassazione 4595. Cosi, come da copione dell’alienazione parentale e dintorni, sarebbe accaduto anche questa volta.
IL RIFIUTO ALLA RICHIESTA DI SUPPORTO TERAPEUTICO
Susanna ha sempre chiesto un percorso di supporto terapeutico per la figlia, ma, a quanto risulta, sarebbe stato sempre negato. “Mandare un bimbo in terapia vuol dire che con gli adulti non c’è speranza” le avrebbero sempre risposto i servizi sociali. Anche se sia Susanna che il padre della minore, a quanto risulta, stanno seguendo un loro percorso individuale. Dunque la terapia no, ma la casa famiglia sì? “Siamo costretti a rendere responsabile il bambino della propria guarigione in un luogo neutro”, il principio che avrebbero invocato i servizi sociali.
UNA BUGIA? NO, È UNA VERITÀ ADEGUATA
Per convincere Stella ad andare in casa famiglia, oggi che ha terrore persino di andare al parco a giocare perché ha paura che qualcuno la porti via senza che lei riesca a difendersi, come raccontano mamma e nonni, bisogna convincerla ‘con le buone’, come si direbbe una volta. E dunque come si deve fare se la forza pubblica non si può utilizzare, come anche la Garante Terragni ha sottolineato in una nota pubblica se non quando il minore subisca percosse o abusi e sia in pericolo di vita?Magari raccontarle che è come una colonia o un centro estivo, altri suggerimenti che sarebbero stati dati a Susanna: “La verità si può dire in vari modi. Deve fare come facciamo quando dobbiamo convincere i nostri figli a fare quello che non vogliono fare, non dicendo cose non vere, ma evitando cose negative e mettendo l’accento su altro”. È per il loro bene, si usa dire. Magari come si fa per il dentista, o per fare un’ora di ripetizioni di latino o matematica. Ma magari una casa famiglia è ben altra cosa, però basterebbe rassicurarla che mamma è lontana ma c’è, altro consiglio. È una bugia? No, è lo strano concetto della “verità adeguata” così definita in questo vademecum del tradimento a fin di bene, quello della fiducia totale che una figlia ha verso una madre, che dovrebbe raccontarle che la porta in una specie di centro estivo mentre la lascia in casa famiglia. Un concetto talmente ‘strano’ che l’unico inganno ‘simile’ che viene in mente, attingendo dai manuali di una ‘pedagogia nera’, è quello di un padre, Benigni, che in un campo di concentramento nasconde al suo bambino il destino delle camere a gas.
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