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Minori, Coffari: “Oggi ci sono casi in cui i bimbi sono sottratti alle madri anche senza la truffa Pas”


NAPOLI – “Adesso ci sono tanti casi in cui hanno saltato la necessità di diagnosticare la truffa della Pas e tolgono i bambini alle madri, incredibile se pensiamo che c’è stata la riforma Cartabia, su questioni ancora molto più sottili, molto più superficiali”.

Così alla Dire l’avvocato Girolamo Andrea Coffari, tra i promotori della campagna contro l’uso della Pas/alienazione parentale nei tribunali lanciata da Protocollo Napoli, che si spinge oltre e fa “una proposta costruttiva”: andare “oltre la Pas in un momento in cui non è facilitata l’attenzione per le donne e per i bambini perché sul tema protezione di donne e bambini la destra è un disastro essendo marcata sul Dio-padre-famiglia pagano”.

Inoltre, secondo Coffari, attualmente “non c’è stata una volontà politica di riprendere quel lavoro molto importante che è stato fatto dalla commissione Femminicidio”.

“Io ho dei casi di bambini – prosegue Coffari sottolineando il punto centrale del suo discorso – che continuano a vedere il padre, sulla scorta della bigenitorialità che viene usata come una clava contro le donne, che vengono tolti alle mamme semplicemente perché c’è una difficoltà di rapporto col padre. Ho dei casi al Sud ma anche al Nord in cui hanno tolto dei bambini perché la mamma era oppositiva, ostativa nei confronti dei servizi sociali. In questo momento storico sta venendo fuori, in alcuni tribunali, in alcune menti, non dappertutto, la peggiore interpretazione punitiva nei confronti delle donne, c’è quasi una recrudescenza del fenomeno. Prima c’era la necessità di una diagnosi, per quanto farlocca, ma oggi non hanno più neanche bisogno della diagnosi. Ti tolgono i bambini e basta”. 

Coffari definisce quello della Pas “uno scandalo clamoroso che non è mai scoppiato, quindi ancora peggiore come scandalo perché ha distrutto, io credo ma non è mai stata fatta una ricerca sistematica del genere, centinaia di destini di mamme e di bambini. La Pas è stata pensata proprio per distruggere e tacitare i bambini che rifiutavano la figura paterna motivando il rifiuto con dei racconti di abuso sessuale e di maltrattamento”.

“Di casi eclatanti di rigida applicazione del protocollo di Gardner – osserva il giurista – con il minore che, nel momento in cui rifiuta la figura paterna, viene strappato alla mamma e collocato presso il padre, ce ne sono ancora oggi ed è incredibile. Quello che a me fa specie è il fatto che una teoria del genere, che è stata applicata da molti psichiatri, psicologi, psicoterapeuti nominati come consulenti tecnici d’ufficio, non è stata oggetto di indagine. Questi professionisti che hanno promosso anche con dei convegni o hanno fatto pubblicazioni su Gardner, che è veramente uno che giustificava la pedofilia, uno scappato di casa, non hanno fatto autocritica, non hanno cambiato mestiere, non hanno cambiato neppure ambito di interesse, continuano a interessarsi dei bambini, delle donne, dei casi in cui c’è violenza sui bambini e sulle donne, continuano a essere nominati come ctu. E questo che a me scandalizza in una maniera incredibile e mi fa sorgere degli interrogativi su come sono organizzate la nostra società e la nostra cultura”.

CASACCIA: STEREOTIPI IN OPERATORI, FORMAZIONE ESSENZIALE 

“Non si possono più leggere perizie nelle quali non si trova una riga relativamente al vissuto materiale nella relazione, però si trova ‘la signora si dovrebbe far passare le parole offensive che le vengono rivolte dal compagno’ o ‘la signora dovrebbe facilitare la relazione del bimbo con l’altro genitore, la signora non dovrebbe essere oppositiva, dovrebbe essere collaborativa’. Non si dice niente di quello che deve fare il violento, visto che comunque si nega o si sottace o si omette la valutazione dell’agito violento o dell’agito prevaricatorio o dell’agito di mera umiliazione nella dinamica relazionale”.

Sempre alla Dire, l’avvocata Siusi Casaccia, iscritta all’associazione Donne giuriste, argomenta la sua “scelta naturale” di farsi promotrice della campagna contro l’uso della Pas/alienazione parentale nei tribunali lanciata da Protocollo Napoli. La sua esperienza professionale non poteva che portarla in questa direzione per via di una “formazione risalente al lavoro con i centri antiviolenza”.

“Il lavoro di protocollo Napoli nella doverosa formazione professionale anche per gli avvocati – osserva – è un lavoro assolutamente meritevole perché ha individuato la metodologia, proponendola, facendo formazione da tempo. 

Casaccia evidenzia come “nonostante il lavoro della commissione Femminicidio, nonostante gli anni trascorsi, nonostante documenti e interventi pubblici assolutamente significativi, nell’ambito della violenza intrafamiliare, della violenza domestica, della violenza sulle donne, a tutt’oggi, ci si misura ancora nei tribunali con questa teoria ascientifica, o perché c’è un cambio di nome per darle diversa dignità o perché comunque gli stereotipi di chi giudica, gli stereotipi di chi valuta sono duri a morire. Se è vero la riforma Cartabia ha portato degli importanti strumenti di diversa valutazione, è intervenuta anche sulla richiesta di qualificazione dei professionisti, tecnici, psicologi o psichiatri infantili che intervengono sul piano pratico, questo tipo di individuazione, di qualificazione, è tuttora quantomai sommario o non ben definito”.

E torna con forza sulla questione della formazione che deve essere “specialistica perché si possa riconoscere dignità alle valutazioni e all’attività che ognuno porta nell’ambito del riconoscimento del tema della violenza. Ci troviamo ancora oggi – incalza – a dover rivendicare e richiedere che la formazione ci sia: è una questione di qualità del processo e dei percorsi di tutela che si devono poter garantire”. L’avvocata descrive l’utilizzo della Pas come “manifestazione di dispregio di quello che è il valore che va perseguito e cioè cercare il benessere del minore e la migliore organizzazione delle relazioni parentali nell’interesse del minore”.

“Per noi che ce ne occupiamo – avverte – sono argomenti vecchi, se vogliamo, ma rimangono di attualità perché c’è tanta difficoltà a riconoscerli. Si vede anche nella comunicazione pubblica o su come vengono commentati gli episodi più efferati, situazione che è migliorata, però quanta strada c’è ancora da fare. Sono stereotipi non soltanto nell’educazione comune, ma che permangono da parte degli operatori che con questo fenomeno si misurano e devono operare. Evidentemente nella mia formazione, nel mio background e in tutto ciò che noi abbiamo valutato come associazione c’è il fatto che come avvocati si fa riferimento a condotte che devono essere evidenziate: la cosiddetta condotta manipolatoria sta nella testa di chi la giudica piuttosto che nella pratica effettiva riscontrata”. 

Casaccia pone anche l’accento su un aspetto che definisce “assolutamente significativo” e cioè che “la violenza come aggressione fisica una qualche dignità o qualche accesso nel processo riesce ad averla. La dinamica relazionale di prevaricazione, o che si svolge sul piano psicologico-comportamentale, che non si traduce in aggressività fisica fa molto più fatica a entrare nel processo. La problematica della confusione tra situazioni di prevaricazione e situazione conflittuale permane perché è molto più semplice liquidare tutto come una mera conflittualità tra due persone che si relazionano alla pari”.
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