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Gaza, la Corte Internazionale di Giustizia: “Difesa di Israele rinviata a gennaio 2026”


ROMA – Lo stato di Israele ha chiesto e ottenuto una proroga di sei mesi per presentare la propria memoria difensiva alla Corte internazionale di Giustizia (Icj), nel processo che lo vede accusato di genocidio nella Striscia di Gaza dall’8 ottobre 2023.

Accuse che il governo di Tel Aviv ha definito “false e oltraggiose”, sostenendo la necessità “all’autodifesa dagli attacchi di Hamas”, che a ottobre causarono 1200 morti e presero in ostaggio quasi 250 persone nel sud di Israele. A presentare la denuncia a dicembre 2023, a pochi mesi dal lancio dell’offensiva israeliana in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre, è stato il Sudafrica.

Da allora, il tribunale dell’Onu – da non confondersi con la Corte penale internazionale – ha emesso due pacchetti di misure provvisorie a carico di Israele, che prevedevano tra le altre cose l’autorizzazione all’ingresso e alla distribuzione di beni umanitari per la popolazione, e l’astensione dall’attacco di terra contro la città meridionale di Rafah. A luglio 2024 ha inoltre definito “illegale l’occupazione di Gaza, Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est”.

Tutte le misure sono state disattese. A luglio prossimo, i legali di Tel Aviv avrebbero dovuto presentare la propria memoria difensiva, dopo quella di oltre 5mila pagine presentata dal Sudafrica nell’ottobre scorso, contenente “prove schiaccianti” della violazione “dell’Applicazione della Convenzione per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio nella Striscia di Gaza”, come ha assicurato l’ambasciatore sudafricano in Olanda, Vusi Madonsela. L’Icj ieri ha confermato di prorogare dal 28 luglio prossimo al 12 gennaio 2026 la presentazione della memoria di Israele.

Una decisione che per Triestino Mariniello, docente di diritto internazionale all’Università di Liverpool, interpellato dall’agenzia Dire, risulta “preoccupante e sorprendente, sia per l’attuale situazione a Gaza, sia per l’abbondanza di prove disponibili volte a dimostrare che Israele ha ripetutamente violato la Convenzione sul genocidio”.

L’esperto continua: “In media, i tempi della giustizia internazionale – e quindi anche quelli della Corte internazionale di giustizia – sono lunghi, ma in questo caso vengono ulteriormente prolungati”.

Così facendo, prosegue il prof. Mariniello, “la Corte sembra voler rinunciare al suo ruolo di massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite, volto ad accertare le responsabilità di uno stato per una delle più gravi violazioni del diritto internazionale che possa esistere, ossia la violazione della Convenzione sul Genocidio”.

Mariniello ribadisce: “Mi riesce difficile comprenderne le ragioni; Israele ha avuto tutto il tempo necessario per preparare la sua memoria difensiva”. Ora, osserva il docente, “Sarebbe ancora più urgente che le autorità sudafricane richiedessero ulteriori misure provvisorie e che la Corte le valutasse ed eventualmente emanasse in tempi brevi, vista l’esplicita volontà espressa dalle autorità israeliane di condurre il piano di pulizia etnica e deportazione nella Striscia di Gaza”.

Misure che, conclude Mariniello, “potrebbero essere un ulteriore strumento di pressione su Israele e la comunità internazionale”. Quale membro delle Nazioni Unite, Israele è sotto la giurisdizione dell’Icj, a differenza della Corte penale internazionale, del cui trattato istitutivo non è firmatario. Alla causa intentata dal Sudafrica hanno aderito oltre una dozzina di paesi tra cui Spagna, Irlanda e Belgio, per portare sostegno alle accuse. 
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