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Gaza, tre famiglie uccise nel raid mentre al Cairo si negozia


ROMA – Attacchi israeliani condotti dalla notte scorsa fino a stamani contro varie località della della Striscia di Gaza hanno provocato 25 morti, di cui 23 sono risultati membri di tre famiglie distinte. Lo riferiscono fonti di stampa concordanti, citando Mohammad Al-Moughair, portavoce della protezione civile di Gaza. Tra le vittime, undici membri di una stessa famiglia sono rimasti uccisi nel rogo divampato in un edificio a Khan Younis, nel sud; un’altra famiglia di sette persone è morta in un quartiere occidentale di Gaza City, mentre tre fratellini coi loro genitori hanno perso la vita in un raid contro il campo profughi di Jabaliya, nel nord. Al-Moughair ha riferito anche di diversi dispersi. L’ennesima ondata di raid avviene mentre al Cairo stanno riprendendo i negoziati per il cessate il fuoco. La testata Al-Araby Al-Jadeed riferisce che una delegazione israeliana è giunta nella serata di ieri nella capitale egiziana. Egitto e Qatar, i due Paesi che stanno compiendo gli sforzi maggiori per porre fine al conflitto tra Israele e Hamas a Gaza, secondo la Bbc hanno proposto un cessate il fuoco di cinque o sette anni – quindi un’interruzione definitiva dei combattimenti – a fronte del “rilascio completo degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi”, dell’uscita delle forze israeliane dalla Striscia.

Fonti interne ad Hamas citate dal Times of Israel riferiscono che il movimento sarebbe disposto a lasciare le armi, confinandole in un luogo specifico, e acconsentirebbe anche a cedere il governo della Striscia a un esecutivo “tecnico” composto da funzionari palestinesi. Un elemento, questo, contenuto nella proposta egiziana. La Bbc aggiunge che sul punto, i vertici di Israele non hanno commentato, tuttavia il viaggio di oggi al Cairo potrebbe avere lo scopo di discutere tutti questi elementi. Lo scorso 18 marzo, Israele ha rotto il cessate il fuoco con Hamas, riprendendo gli attacchi sulla Striscia, dove i morti identificati hanno superato quota 51mila. Dal 2 marzo le autorità di Tel Aviv avevano già interrotto l’accesso alle forniture umanitarie per la popolazione, che da allora soffre la mancanza di cibo e acqua, mentre i pochi ospedali ancora funzionanti hanno terminato gran parte dei medicinali e delle scorte medico-sanitarie. Israele giustifica queste azioni con la necessità di fare pressioni su Hamas “tramite la popolazione palestinese” e costringere il gruppo alla resa, dopo l’aggressione subita il 7 ottobre 2023, in cui sono morte 1200 persone e altre 250 sono state sequestrate.

Gli attacchi indiscriminati contro infrastrutture civili e il divieto di accesso ai beni umanitari sono tuttavia ritenuti crimini di guerra e contro l’umanità secondo il diritto internazionale. La settimana scorsa, Hamas ha proposto un cessate il fuoco in cambio del rilascio in un’unica soluzione degli ostaggi. Dal canto suo, Israele ha chiesto al gruppo il disarmo completo. Una proposta che il movimento politico-militare ha respinto, in seguito alle dichiarazioni del governo israeliano di voler “occupare a tempo indeterminato Gaza, così come fatto in Libano e in Siria”. Una intenzione che ha a più riprese ottenuto il via libera dell’amministrazione Trump.
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