CIVITAVECCHIA – Fra pochi giorni, il 14 maggio, sarà l’82° anniversario del primo bombardamento angloamericano su Civitavecchia. Su quel tragico giorno e su quelli ancora più luttuosi che lo seguirono, si è scritto molto, affrontando le varie sfaccettature di quella tragedia causata dall’arroganza bellica del regime fascista. Recentemente, sollecitato da alcune immagini pubblicate sui social, mi sono interessato ad uno degli aspetti più dolorosi e ancora poco conosciuti di quei mesi: il fenomeno dello sciacallaggio fra le macerie della città devastata dalle bombe alleate. Nella cronaca inedita del Convento dei Cappuccini, padre Francesco Cirilli annota alla fine di settembre 1943: “Da quando fu distrutto l’ordine le prodezze del popolo furono queste: seguire i rapinatori e gli invasori; prendere tutto ciò che potesse domani essere oggetto di mercato e istituire quel gran mercato di ladri il quale non risparmiò né oggetti sacri delle chiese e del cimitero, né opere d’arte o di pubblico dominio”. Tutto era oggetto di furto! Il frate accusava le truppe tedesche di saccheggiare tutto quello che potevano in città come in convento: il mulo, i conigli, le galline. Tutto ciò avveniva sotto gli incessanti bombardamenti alleati e con gran parte della popolazione sfollata che aveva abbandonato sia le case distrutte che quelle ancora in piedi. Uno scenario ideale per chi era a caccia di tutto quello che poteva avere valore in quei giorni e nell’incerto futuro Proprio in quei giorni di massima confusione, con la città ormai deserta, i tedeschi uccisero il 2 ottobre 1943 Enea Luchetti (43 anni) e suo figlio Ferdinando (18 anni) entrambi di Monte Romano. Sui loro certificati di morte è registrato che Enea fu trovato morto “sulla pubblica via” mentre il figlio “sulla via Centocelle”. La loro morte è registrata nell’Atlante delle stragi nazifasciste consultabile su internet con nessun particolare. Non conosciamo i motivi della loro uccisione: perché erano a Civitavecchia? Appartenevano a qualche formazione partigiana o erano in città per vendere o acquistare al mercato nero? Spiavano i tedeschi o rovistavano fra le macerie? I tedeschi li hanno uccisi per motivi politici o volevano impadronirsi di qualcosa in loro possesso? Qualcuno conosce altri particolari per fare luce e conoscere la verità su questa tragica vicenda? Dopo la liberazione, gli “sciacalli” proseguirono i loro saccheggi. Lo denuncia sull’Unità del 2 dicembre 1944 tale Antonio Brandiletti: “Camminando per le strade di Civitavecchia si assiste ad un continuo andirivieni di persone cariche e stracariche di ogni cosa, lavandini, tazze di gabinetti, tubi, condutture di piombo, mattonelle, infissi, porte, fili elettrici ed ogni altra cosa poteva ancora servire lasciata al suo posto; si direbbe che delle ditte specializzate per detto saccheggio, abbiano inviato dei loro operai, per detta bisogna. Da dove le scale sono rovinate, si vedono calare mobili dalle finestre a mezzo di corde e questo giornalmente si può vedere al Grand Hotel. Tutta questa brava gente provoca maggiori danni, che altri dieci bombardamenti insieme, e questo perché manca totalmente la sorveglianza sia della P.S. dei più o meno Reali Carabinieri e delle locali guardie municipali, difatti i suddetti signori proposti all’ordine e alla protezione, se ne stanno tranquillamente a S. Marinella, località che offre maggior conforto e comodità”. Il Comando Alleato lesse la denuncia e ne interessò i Carabinieri Reali della Legione territoriale del Lazio che interpellarono la Tenenza di Civitavecchia: “All’epoca in cui venne spedita la lettera rientravano a Civitavecchia numerose famiglie di sfollati e quel comandante di stazione uniformandosi alle disposizioni ricevute, rilasciava su richiesta degli interessati, permessi scritti per recuperare i mobili di proprietà dei richiedenti rimasti sotto le macerie dopo i bombardamenti aerei sulla città”. La risposta agli Alleati è datata 28 gennaio 1945. Prosegue affermando che erano “stati disposti continui servizi di pattuglie volanti con specifico incarico di controllare tutte le persone trovate in possesso di oggetti del genere ed arrestare quelle che non erano in grado di giustificare la legale provenienza”. I carabinieri ritenevano che “data la estensione della città e le numerose famiglie che affluivano per rientrare in sede, non è improbabile che qualche elemento sia riuscito ad eludere la vigilanza delle forze di polizia … impadronendosi indebitamente di oggetti i cui proprietari non avevano ancora fatto rientro in Civitavecchia”. Furono effettuati alcuni arresti e delle perquisizioni domiciliari che portarono alla restituzione ai legittimi proprietari ma i circa settanta militari dell’Arma non erano sufficienti a contrastare il fenomeno. La Polizia e i vigili urbani erano ancora distaccati a Santa Marinella. Il fenomeno dello “sciacallaggio” fra le rovine di Civitavecchia distrutta proseguì per alcuni mesi fino a che tutti gli sfollati rientrarono nelle loro case o poterono recuperare quanto era possibile fra le macerie di quelle che lo erano state. Civitavecchia risorgeva a nuova vita mentre i lutti e le miserie della guerra perdevano attualità e poco alla volta diventavano memoria e storia. (Dal sito internet dell’Archivio Centrale dello Stato, originali conservati negli Stati Uniti) |