ROMA – Il dipartimento di Stato americano accusa l’esercito federale del Sudan di aver impiegato armi chimiche contro i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf), contro cui combattono dall’aprile 2023. Da qui, la decisione di imporre sanzioni a partire dal 6 giugno sulle autorità che, dallo scoppio della guerra civile, si sono spostate da Khartoum a Port Sudan.
Il dipartimento sostiene che l’esercito abbia usato cloro gassoso che, se inalato, può risultare letale, oltre a creare danni ai tessuti, e pertanto il Sudan avrebbe violato la Convenzione internazionale sull’uso delle armi chimiche nei conflitti.
Tuttavia il Sudan smentisce tale impiego, definendo le accuse “infondate: siamo davanti a un ricatto politico e a una deliberata mistificazione dei fatti”. Le sanzioni ora determineranno restrizioni alle esportazioni di prodotti statunitensi e la sospensione degli aiuti finanziari.
Oltre due anni di conflitto non solo hanno causato la morte di migliaia di persone, ma hanno anche innescato la crisi degli sfollati peggiore al mondo, con oltre 12 milioni di persone coinvolte. Inoltre, l’Onu avverte che dieci regioni sono colpite dalla carestia. Il conflitto è nato dalla competizione tra le Forze armate guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan e la milizia delle Rsf, accusata di ricevere sostegno economico e militare dagli Emirati Arabi Uniti.
La scorsa settimana, in un viaggio nel Golfo, il presidente Donald Trump si è recato anche negli Emirati dove ha stretto accordi commerciali – su energia, difesa e tecnologia – del valore di diversi miliardi di dollari. Sebbene la visita sia stata salutata da alcuni analisti come una buona occasione per affrontare il tema della pace in Sudan, il tema non sarebbe stato toccato.
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