di Alessio Pisanò
BRUXELLES – Secondo la Corte di Giustizia con la limitazione dell’accesso a contenuti Lgbtqi online l’Ungheria avrebbe violato il diritto dell’Unione europea. A dichiararlo, l’avvocata generale della Corte di giustizia Ue Tamara Capeta, che ha accolto come fondato il ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione europea. I fatti risalgono al 2021, quando il governo di Budapest ha approvato la legge LXXIX che ha imposto misure più severe contro le persone già condannate per pedofilia, modificando anche alcuni provvedimenti in merito alla protezione dei minori. “Numerose fra le modifiche adottate secondo l’Ungheria allo scopo di tutelare i minori in effetti vietano o limitano l’accesso a contenuti che presentano o promuovono identità di genere non corrispondenti al sesso assegnato alla nascita, cambiamento di sesso od omosessualità” si legge nelle conclusioni di Capeta.
Secondo l’avvocata generale della Corte, questi provvedimenti rappresentano ingerenze per il divieto di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, la libertà d’espressione, la vita privata e quella familiare e la dignità umana. “L’Ungheria non ha fornito alcuna prova del potenziale rischio che potrebbero avere i contenuti Lgbtqi sul sano sviluppo dei minori” continua il testo. “Di conseguenza, tali modifiche si basano su un giudizio di valore secondo cui la vita omosessuale non ha pari status rispetto a quella eterosessuale”. Le conclusioni di Capeta, in ogni caso, non vincolano la Corte di giustizia: è infatti compito dell’avvocato generale proporre una soluzione giuridica nel caso per cui è stato chiamato a esprimersi. I giudici del Lussemburgo, adesso, cominceranno a deliberare sulla causa, la cui sentenza verrà pronunciata in una data ancora da definirsi.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it