NAPOLI – “Nella relazione del consulente tecnico d’ufficio, in un procedimento del 2010 nel quale mi fu chiesto di fare il consulente di parte, ho letto questa frase: ‘la bambina è affetta da sindrome di alienazione genitoriale’. Mi sono chiesto di cosa si trattasse, poiché il ctu era un docente universitario, uno psichiatra, un amico, ho pensato ne sapesse più di me. Sono andato a controllare e sia sui testi di psichiatria che sul Dsm IV (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ndr) non ho trovato niente del genere”. Così alla Dire Andrea Mazzeo, psichiatra di Lecce, tra i promotori della campagna contro l’uso della Pas/alienazione parentale nei tribunali lanciata da Protocollo Napoli.
MAZZEO: “A NOVE ANNI ACCUSA IL PADRE DI AVER ABUSATO SESSUALMENTE DI LEI”
Il caso era quello di “una bambina di nove anni che accusava il padre di aver abusato sessualmente di lei e quindi non voleva più saperne di incontrarlo. La Corte di Appello aveva emesso un decreto di prelievo della bambina tramite addirittura l’ufficiale giudiziario, neanche fosse il pignoramento di un mobile. Io – spiega Mazzeo – contestai integralmente, sulla base di quello che da quel momento ho iniziato a studiare, questa consulenza tecnica d’ufficio mentre l’avvocato della madre fece ricorso in Cassazione contro il prelievo della bambina. La Corte di Cassazione annullò tutti gli atti e rinviò ad altra Corte d’Appello. Alla fine la bambina è rimasta con la madre”.
MAZZEO: “NON PUOI BASARE UN GIUDIZIO SU UNA FALSA MALATTIA”
Il professionista racconta che da quel momento ha iniziato a conoscere la Pas “attraverso attivisti che citavano soprattutto articoli scientifici esteri, spagnoli e statunitensi contrari all’utilizzo di questa teoria ascientifica, perché in Italia erano tutti favorevoli. È una cosa assurda, non puoi basare un giudizio su una falsa malattia. Secondo i sostenitori di questa teoria se un bambino rifiuta la relazione con un genitore è perché è stato manipolato dall’altro genitore e non c’è modo di smuovere queste convinzioni. Secondo noi dietro ci sono grossi interessi economici, ci sono vicende in cui alcune madri per difendersi dalla Pas si sono giocate centinaia di migliaia di euro, hanno venduto case”.
IL CASO DI BARI, “LA BATTAGLIA STA ANCORA CONTINUANDO”
Parlando di casi più recenti, Mazzeo racconta delle sue ultime due consulenze, una a Bari e una a Taranto “entrambe situazioni allucinanti”, dopo aver incontrato la Pas come consulente tecnico di parte “a Pisa, a Roma, in tutta Italia”. “A Bari – evidenzia – la madre aveva ottenuto l’affido super esclusivo del ragazzino, che rifiuta il padre per violenza psicologica, proprio perché il giudice si era reso conto della inadeguatezza del padre. Poi è cambiato il giudice, se ne è occupato il presidente della sezione Famiglia del Tribunale di Bari che, prima ancora della ctu, ha detto che il bambino aveva la Pas: alcuni giudici sono talmente condizionati da questa cosa che appena sentono ‘rifiuto’ parlano di ‘condizionamento’. Lì la battaglia sta ancora continuando, la minaccia che incombe sull’ormai 13enne è quella del collocamento in comunità”.
MAZZEO: “IL CASO DI TARANTO È ANCORA PIÙ ASSURDO”
“Il caso di Taranto – prosegue Mazzeo – è ancora più assurdo. Il minore rifiuta il padre per violenza fisica. Un padre che ha già tre rinvii a giudizio, in sede penale, per stalking, violenza familiare, maltrattamento del minore. Nonostante questo l’ultima ctu nel procedimento civile, dice ‘il bambino è condizionato, bisogna metterlo in comunità per decondizionarlo’. Cose assurde, si leggono cose assurde. Io ho contestato integralmente la consulenza, ma la psicologa rimane della sua idea. Adesso il giudice ha rinviato a un servizio di psicologia perché si convinca il minore ad avere relazioni con il padre”.
IONIO: “I BAMBINI SANNO RACCONTARE GLI EVENTI CHE HANNO VISSUTO”
“I bambini, una volta messi in protezione insieme alle mamme, sono in grado di raccontare in maniera competente, precisa, chiaramente in linea con il loro momento evolutivo, gli eventi che hanno vissuto, di non inventarsi le cose. Ormai il mito del falso ricordo, di ricordi impiantati, è stato smentito dalla letteratura scientifica quindi è veramente importante tenere in considerazione che i bambini sono capaci di raccontare e di farlo in maniera competente”. Così alla Dire Chiara Ionio, professoressa associata di Psicologia dello sviluppo all’università Cattolica di Milano, tra le promotrici della campagna contro l’uso della Pas/alienazione parentale nei tribunali lanciata da Protocollo Napoli.
IONIO: “HO VISTO L’EFFETTO DELLA VIOLENZA ASSISTITA SUI BAMBINI”
“Ho deciso di aderire a questa campagna – spiega – perché ho avuto la possibilità di vedere, appunto durante la mia attività clinica, quelli che sono gli effetti che una non conoscenza di quello che è la Pas, di quelli che sono gli effetti della violenza di genere e in particolare l’effetto della violenza assistita sui bambini. Spesso si crede che i bambini che vivono in situazioni di violenza all’interno del loro nucleo familiare in qualche modo non abbiano ripercussioni dal punto di vista psicologico, affettivo, relazionale, spesso sentiamo dire che non essendo loro stati picchiati o insultati non sono le vittime dirette. In realtà la letteratura scientifica ci dice che anche loro hanno una risposta: a volte post traumatica, a volte emotiva, a volte disadattiva dal punto di vista del comportamento. La mia adesione è proprio per dare spazio e voce a questa dimensione più legata alla fragilità dei bambini che possono essere le vittime involontarie di questo tipo di violenza”.
IONIO: “SI FATICA A PERCEPIRE QUANTO ASSISTERE ALLA VIOLENZA POSSA IMPATTARE”
“La violenza assistita – ragiona Ionio – ha una storia molto giovane ed ha avuto un lungo e faticoso percorso di riconoscimento dal punto di vista giuridico. Adesso fortunatamente ci sono studi, ma ancora si fa fatica a percepire quanto l’assistere alla violenza possa andare a impattare sul benessere psicologico del bambino. Questi effetti possono essere direttamente visti dal bambino, ma possono anche essere anche sentiti, percepiti nel clima familiare in cui c’è sempre uno stato di allerta. I bambini a volte raccontano di camminare un po’ sulle uova no perché hanno paura di disturbare o di essere i promotori di questa violenza. È certo che in tutto questo senso di percezione che c’è qualcosa che non funziona non permette loro di esprimere chi sono veramente, quali sono i loro pensieri”.
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