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Bologna, processo Stefani: “Gualandi cancellò la chat poco prima dell’omicidio”


BOLOGNA – Il 16 maggio 2024, giorno dell’omicidio di Sofia Stefani, Giampiero Gualandi “interagì con lei su Whatsapp fino alle 15.39” e utilizzò l’app di messaggistica “fino alle 15.55”. Dunque, conclude il maresciallo dei Carabinieri Matteo Filippone, consulente informatico della Procura di Bologna, Gualandi può aver cancellato le chat con l’ex collega 33enne, con cui aveva una relazione extraconiugale, proprio tra le 15.39 e le 15.55, pochi minuti prima dell’omicidio. “Questa- dichiara l’esperto- è un’analisi interpretativa: non è una verità divina, ma sono sicuro che le cose siano andate così”.

Filippone espone queste conclusioni rispondendo alle domande della procuratrice aggiunta Lucia Russo, che rappresenta la pubblica accusa nel processo in Corte d’Assise che vede imputato Gualandi, 63enne ex comandante della Polizia locale di Anzola dell’Emilia, per l’omicidio di Stefani, uccisa con un colpo di pistola dallo stesso Gualandi nell’ufficio di quest’ultimo nella sede del Comando della Polizia locale di Anzola.

Secondo l’imputato, il colpo partì casualmente durante una colluttazione, mentre per la Procura si tratta di omicidio volontario, aggravato dal legame affettivo con la vittima e dai futili motivi. L’udienza odierna, a cui Gualandi sta assistendo di fianco ai suoi avvocati, Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, verte, finora, sulle conclusioni dei consulenti informatici della Procura e della difesa. Nel corso dell’udienza, iniziata con il controesame di Lorenzo Benedetti- consulente della difesa- da parte di Russo, si è svolto un confronto tra i due. Per Benedetti, la cancellazione delle chat non fu totale, ma selettiva. In questo momento sta invece iniziando a deporre il maresciallo del Ris Luigi Desideri, consulente balistico della Procura.

L’ESPERTO BALISTICO RIS ESCLUDE COLLUTTAZIONE

Sulle mani di Sofia Stefani “non c’erano ustioni, tagli o bruciature tali da ritenere che le mani fossero sulla pistola o nelle immediate vicinanze. In caso contrario, ci sarebbero state ustioni o ferite”. Dunque, l’ipotesi difensiva di un colpo partito durante una colluttazione “non può essere ritenuta attendibile”.

A dirlo, rispondendo in Corte d’Assise a Bologna alle domande della procuratrice aggiunta del capoluogo emiliano Lucia Russo, è il maresciallo del Ris Luigi Desideri, consulente balistico della Procura nel procedimento che vede imputato Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della Polizia locale di Anzola dell’Emilia, dell’omicidio della ex collega 33enne Stefani, uccisa nella sede del comando dei vigili di Anzola il 16 maggio 2024 da un colpo sparato da Gualandi con la sua pistola.

Secondo l’imputato, che aveva una relazione extraconiugale con la vittima, il colpo partì casualmente durante una colluttazione, mentre per la Procura si tratta di omicidio volontario, aggravato dal legame affettivo con la vittima e dai futili motivi. Anche per Desideri la ricostruzione difensiva “non può essere ritenuta attendibile da un punto di vista tecnico-scientifico, perché non ci sono elementi oggettivi per sostenerla”. Sul punto, il maresciallo del Ris richiama anche le conclusioni della “perizia medico legale, che esclude una colluttazione prolungata tra Stefani e Gualandi”. Inoltre, ricorda, sull’arma non è stato trovato il Dna della vittima, né le sue impronte. Dunque, sintetizza Desideri, “tutti gli accertamenti fanno ritenere che l’arma non sia stata toccata da Sofia Stefani” e, di conseguenza, che “l’ipotesi della colluttazione non sia attendibile”.
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