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Salvini non ritira le querele per diffamazione contro Saviano: “Le sue non erano critiche, ma frasi lesive e offensive”


ROMA – Matteo Salvini non ritira le querele per diffamazione contro Roberto Saviano. Il vicepremier è nell’aula 27 del tribunale di Roma dove sta testimoniando contro lo scrittore.

I fatti risalgono al giugno del 2018, quando Salvini era da venti giorni ministro dell’Interno del governo Conte. Le querele seguono alcuni post Facebook di Saviano e un’intervista rilasciata dallo scrittore a un quotidiano tedesco.

“Ora come allora sono rimasto stupito da alcune definizioni- dice Salvini- contenuti espliciti e pesanti”, come l’appellativo di “ministro della malavita” o “Salvini amico della ‘ndrangheta”. In aula Salvini e Saviano siedono a pochi metri di distanza. Tra il pubblico ci sono gli scrittori Nicola Lagioia e Chiara Valerio, l’attrice Kasia Smutniak. “Io, persona ligia, ho ritenuto quelle frasi lesive e offensive, non una critica politica”.

SAVIANO A SALVINI: “VERGOGNATI VERGOGNATI, VERGOGNATI”

“Vergognati, vergognati, vergognati”. Così Roberto Saviano si è rivolto a Matteo Salvini, quando il ministro è arrivato nell’aula 27 del tribunale di Roma per il processo intentato dal vicepremier contro lo scrittore. Le prime domande del pubblico ministero a Salvini vertono sui post Facebook del 2018 di Saviano ritenuti lesivi da Salvini. Si parla anche della scorta allo scrittore campano, oggetto di critiche e attacchi del segretario leghista durante la campagna elettorale di quella primavera. “Lo ricordo- spiega Salvini- da ministro non feci alcunché di lesivo contro il dottor Saviano. Un conto è una proposta politica… le scorte purtroppo servono”.

Salvini si difende facendo differenza tra i toni da campagna elettorale e gli atti da ministro: “Finii il mandato senza che nulla fosse toccato rispetto al servizio di scorta” di Saviano.
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