NAPOLI – “È dal 2016 che l’Italia ha smesso di ratificare accordi e trattati internazionali per la tutela del mare. Un mare, compreso il Mediterraneo, che di tutela ha sempre più disperato bisogno”. Lo denuncia Greenpeace nel suo dossier ‘Il mare può attendere’ di giugno 2025 nel quale spiega anche come manchi ancora la ratifica da parte dell’Italia dell’accordo sulla Biodiversità per le aree marine oltre la giurisdizione nazionale (Agreement on Biodiversity Beyond National Jurisdiction o Bbnj Agreement), nonostante numerosi proclami da parte di esponenti del governo sulla sua importanza.
Questo il quadro nel quale si inserisce la Giornata internazionale del mar Mediterraneo, che si celebra l’8 luglio, per sensibilizzare i cittadini sullo stato di salute del Mare Nostrum, sui pericoli che lo minacciano e sulle strategie attuabili per preservarlo. Nata nel 2014 con la collaborazione di Earth Day Italia e il supporto della Marina Militare Italiana riconduce i suoi obiettivi agli stessi dichiarati dalle Nazioni unite che, nel 2017, hanno dato il via all’Ocean Decade.
Il Mediterraneo, pur avendo una superficie di 2.969.000 kmq e rappresentando solo lo 0,82% della superficie complessiva dei mari e degli oceani, è uno scrigno di biodiversità: ospita oltre 12mila specie marine, tra il 4 e il 12% della biodiversità marina mondiale, e presenta un tasso di specie endemiche compreso tra il 20 e il 30%. La ricchezza di habitat, ecosistemi e biodiversità rende le sue acque estremamente fragili e costantemente minacciate da pesca eccessiva, sviluppo economico insostenibile, attività antropiche, cambiamento climatico, acidificazione marina e inquinamento da plastica e microplastica.
SPECIE ALIENE, PLASTICA E ALTRI RIFIUTI: LE AZIONI PER LA SOSTENIBILITÀ
Secondo l’Ispra sono oltre 240 le specie aliene identificate nel nostro mare, di cui il 68% ormai stabile lungo le nostre coste. Sui fondali italiani si deposita più del 70% dei rifiuti marini, dei quali il 77% è plastica. Sulle spiagge, con una media di 400 rifiuti ogni 100 metri, la situazione non è migliore. Nel Mediterraneo più del 63% di tartarughe marine ha ingerito plastica. Ma le azioni per la sostenibilità stanno dando i loro frutti: gli stock ittici, pur rimanendo sovrasfruttati, in 6 anni passano dall’85% al 75%.Secondo il Programma delle Nazioni unite per l’Ambiente (Unep), ogni giorno si depositano nel Mediterraneo 730 tonnellate di plastica. La concentrazione di microplastiche sulla superficie del mare supera in alcune zone i 64 milioni di particelle per chilometro quadrato. La plastica rappresenta tra il 95 e il 100% dei rifiuti galleggianti totali, oltre il 50% dei rifiuti sui fondali marini e oltre il 60% del totale dei rifiuti marini registrati sulle spiagge.
“DA 9 ANNI L’ITALIA SI È DIMENTICATA DEL MARE”
“L’ultimo accordo ‘sul mare’ ratificato dall’Italia – evidenzia Greenpeace nel dossier – è il Prevention & Emergency Protocol: era il lontano giugno del 2016. Da ben 9 anni (quasi) l’Italia si è dimenticata del mare. Un po’ troppo per un Paese che va sempre fiero dei suoi 8.000 km di coste o forse il segno che per i nostri governi il mare non è più un ecosistema da cui dipende il nostro benessere ma un confine da difendere e una miniera (di idrocarburi e – domani – minerali) da sfruttare. Oppure una grande autostrada da solcare con navi sempre più grandi che abbisognano di porti sempre più grandi, e un contenitore (un tempo) pieno di pesci, da svuotare. In questa prospettiva, la mancata (promessa) ratifica dell’Italia dell’Accordo Bbnj in tempo per la Un Ocean Conference di Nizza è una conferma del disinteresse del governo italiano (a onor del vero: non solo dell’ultimo) per la protezione del mare. E un brutto biglietto da visita per gli altri obiettivi ambiziosi che pure sono stati promessi, come la protezione del 30 percento dei mari italiani entro il 2030. È un dato di fatto che gli oceani, e anche il Mediterraneo, sono in crisi gravissima a causa di impatti multipli: dalla pesca eccessiva all’inquinamento, dal cambiamento climatico alle specie aliene. Intervenire con urgenza è necessario: invece, siamo in ritardo. Un ritardo vergognoso. Il mare non può aspettare ancora. E nemmeno noi”.
Per il 2025 Greenpeace ha “deciso di celebrare la giornata con un vademecum – racconta Chiara Campione, direttrice di Greenpeace Italia – per far conoscere meglio i nostri mari: una guida che, con consigli e curiosità, mira a sensibilizzare sull’importanza di lottare per il bene comune e non arrendersi alla frustrazione di vederlo degradare. E noi di Greenpeace sappiamo bene cosa significa non arrendersi: la nostra ultima campagna Time to Resist è un appello corale a sostenere la nostra battaglia per il Pianeta, perché oggi siamo sotto attacco e, in una lotta impari che mira a farci tacere, rischiamo la chiusura”.
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