CIVITAVECCHIA – Salgono le temperature, e non solo quelle sul termometro. Che sia per le voci sempre più insistenti del possibile passaggio di mano verso una nuova segreteria affidata al delegato allo Sport Patrizio Pacifico, o per le differenze di vedute sempre più evidenti, nel Pd l’aria è tesa. A confermarlo è la durissima relazione consegnata dal segretario Enrico Luciani ai componenti del direttivo: un vero j’accuse interno, che denuncia metodi opachi, logiche di potere consociativo, esclusioni sistematiche e tentativi di estromissione mascherati da regole statutarie. Luciani parla apertamente di un partito “in mano a pochi”, gestito da un “cerchio magico” ristretto di fedelissimi — definito “partito-famiglia” — che controllerebbe cariche e leve di potere. Dalle origini nel Prc, passando per Sel e Onda Popolare, Luciani ricorda come accettò di entrare nel Pd con un “tesseramento soft”, come richiesto da Bruno Astorre, per rispetto del partito e dei suoi dirigenti. Ma quell’equilibrio si sarebbe rotto alle ultime amministrative. Secondo Luciani, già da Roma si lavorava per ostacolare la candidatura di Marco Piendibene, poi vincente: «Senza di noi non sarebbe nemmeno stato candidato», scrive, sostenendo che i “poteri forti” avrebbero preferito Poletti a Grasso. «Una destra unita ci avrebbe doppiato». Ma l’intesa dura poco. Luciani denuncia una gestione amministrativa “opaca, senza condivisione col partito”, nomine “discutibili” e con dubbi insinuati sulla gestione della partita Fiumaretta, i 34 milioni di euro, con tanto di allusioni sibilline: «Civitavecchia è piccola, la gente parla, gli uccellini volano e chissà dove si posano. Gran bella operazione “preparata dalla giunta Tedesco e servita su un piatto d’argento all’attuale amministrazione». Picconate al Pincio e al Pd I primi malumori esplodono in giunta, attorno alla figura dell’assessore Scilipoti. Da lì in poi, il clima interno diventa irrespirabile. Luciani racconta anche della sua nomina a segretario del circolo, dopo l’ingresso in giunta di Piero Alessi. Una nomina “mal digerita” dai vertici, accettata solo “pro tempore”, con la clausola non scritta di farsi da parte dopo il congresso. «Pensavo di essere dentro un’organizzazione sana. Ho trovato resistenze e ostruzionismo». Rivendica però il proprio impegno su dossier cruciali, come il confronto con Enel e Governo sulla dismissione del carbone, e attacca la convocazione “furbesca” del congresso straordinario tra maggio e giugno, definito «una farsa tragica, senza mozioni né documenti, utile solo a liberarsi del sottoscritto». Ma il colpo di scena arriva col racconto del 27 giugno: il tesoriere gli comunica che non può consegnargli le tessere del 2025. «Un fatto gravissimo, che dimostra come alcuni ritengano il partito cosa propria». Luciani è chiaro: “Chi teme che il tesseramento possa ribaltare le attuali percentuali fa bene a temerlo: così sarà. Chi teme che si possa non rispettare statuto e regolamento sbaglia». Che succederà ora? Il documento non è solo uno sfogo personale, ma un atto politico. Aprirà un vero confronto o produrrà nuove fratture, mettendo a rischio l’unità della maggioranza? La battaglia, a giudicare dai toni della relazione, è solo all’inizio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA |