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Rivolte e stupri, l’orrore nel carcere di Prato: e su Tik Tok appare la foto della cella ad alta sicurezza


FIRENZE – Due nuove rivolte nel carcere di Prato avvenute nell’arco di poche settimane, l’ultima il 5 luglio scorso, quando una decina di detenuti si è barricato brandendo spranghe e cacciaviti e sfondando i cancelli con le brande. Ma anche gravissimi episodi di torture e violenze sessuali tra detenuti e infine non si placa il ‘libero scambio’ di droga e telefoni tra le celle, anche dopo le perquisizioni su vasta scala dello scorso 28 giugno. La Procura di Prato guidata dal procuratore Luca Tescaroli dà nuovi inquietanti dettagli emersi nel corso dell’indagine che ha messo sotto la lente la struttura carceraria di Prato “Le Dogaie” e ha portato alla luce “un pervasivo tasso di illegalità, concretizzatasi in plurime e anche ravvicinate condotte criminose in un contesto di mancanza di controlli e di comportamenti collusivi di esponenti della polizia penitenziaria”, recita la nota della Procura emessa oggi, martedì 8 luglio.

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CONTINUA L’USO LIBERO DI CELLULARI TRA DETENUTI

Dopo la maxi operazione di due settimane fa che a portato a 27 indagati tra i detenuti per reati legati alla detenzione e all’utilizzo illecito di apparecchi di comunicazione e, in alcuni casi, per traffico di droga, ma anche a 4 agenti indagati per corruzione, sono proseguiti nuovi sequestri all’interno del penitenziario. Sabato scorso è stato infatti sequestrato il 42esimo telefono nella cella 187 dell’ottava sezione, che ospita la media sicurezza. La Procura di Prato informa poi che nelle nuove perquisizioni è stato ritrovato “un grappolo di ulteriori telefoni”, impiegati con l’utilizzo di tre diversi router, a conferma che l’operazione del 28 giugno scorso non ha fermato le comunicazioni verso l’esterno dei detenuti. Non solo: un detenuto nel reparto di ‘alta sicurezza’ è riuscito persino a postare su Tik Tok foto della propria cella.

DUE RIVOLTE VIOLENTE IN UN MESE

Il procuratore Pescaroli passa poi in rassegna due gravi rivolte avvenute nell’ultimo mese; il 4 giugno e il 5 luglio scorso che hanno fatto aprire un fascicolo che contesta ai detenuti coinvolti il nuovo delitto di rivolta, i reati di resistenza, lesioni e danneggiamenti. In dettaglio: pochi giorni fa, il 5 luglio scorso, una decina di detenuti si è barricato nella Media Sicurezza, tentando di incendiare materiali, brandendo spranghe e cacciaviti e sfondando i cancelli con brande. Si è reso necessario l’intervento degli agenti antisommossa per riportare la calma. Solo un mese prima, il 4 giugno, cinque detenuti, italiani, marocchini e libici, hanno minacciato gli agenti con “stasera si fa la guerra” o “si muore solo una volta, o noi o voi”.

L’INFERNO NELLE CELLE: MINACCE, STUPRI, TORTURE

Agghiaccianti le descrizioni di due episodi di tortura e di violenza sessuale perpetrati da detenuti a danno di altri detenuti. Due i casi più gravi emersi negli ultimi anni. La Procura cita la vicenda che risale al settembre 2023 quando un 32enne brasiliano ha violentato ripetutamente il compagno di cella pachistano, costringendolo a rapporti sessuali con minacce di morte e violenza fisica. La vittima era costretta a subire sodomizzazioni e rapporti orali sotto minaccia di un rasoio e violenze fisiche. Per questa vicenda è già stata avviata una indagine preliminare e si è in fase di notifica dell’avviso della sua conclusione.  Il secondo caso risale al gennaio 2020 quando due detenuti hanno torturato e abusato di un giovane omosessuale tossicodipendente, alla prima esperienza carceraria, con cui condividevano la cella, infliggendogli percosse, ustioni e violenze sessuali di gruppo. La descrizione delle violenze subite dalla vittima è agghiacciante: il giovane detenuto è stato brutalizzato con mazze, pentole bollenti, pugni e colpi alla testa, costretta a subire rapporti sessuali ripetuti e a vivere in un regime di terrore continuo.Le violenze hanno provocato gravi lesioni: frattura delle costole lividi ed ematomi su più parti del corpo, lacerazione del canale anale e seri problemi psicologici. In questa vicenda i due aggressori e stupratori sono stati rinviati a giudizio e il processo è in fase avanzata. 

Di fronte al caos interno alla prigione quindi gli inquirenti lanciano il messaggio di voler andare avanti per ripristinare il controllo: le indagini proseguono, con nuove perquisizioni e sequestri in corso anche in questi giorni.
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