ROMA – All’indomani della strage dei bambini in fila per l’acqua, nel campo profughi di Nuseirat, dove le bombe israeliane- per un ‘malfunzionamento tecnico’- hanno ucciso 10 persone, tra cui 7 bambini tra i 10 e i 15 anni, l’avvicinarsi di una tregua, per cui si sta lavorando a Doha, resta sempre più in bilico.
IDF: “COLPITI OLTRE 100 OBIETTIVI TERRORISTICI A GAZA IN 24 ORE”
Le volontà del governo israeliano restano quelle di annientare Hamas, mentre le condizioni di vita sono ormai ben oltre il limite di sopravvivenza per la popolazione civile. Le Forze di difesa israeliane (IDF) affermano di aver colpito oltre 100 obiettivi terroristici nella Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore, mentre i media palestinesi riportano decine di vittime. L’Idf precisa che gli obiettivi dei raid sono agenti, edifici utilizzati da gruppi terroristici, depositi di armi, tunnel e altre infrastrutture terroristiche. Nel frattempo il bilancio del ministero della Sanità di Gaza sale a 58 mila persone dall’inizio del conflitto.
LA CITTÀ UMANITARIA DI NETANYAHU “RIFUGIO” PER LA POPOLAZIONE DI GAZA DOPO LA TREGUA
Secondo quanto riportato dalla versione on line di Israel National News al centro delle attenzioni del primo ministro Netanyahu e del governo di Tel Aviv ora vi è la costruzione della città umanitaria, progetto indispensabile, per i desiderata israeliani, per dividere la popolazione civile dai terroristi di Hamas e collegata in qualche modo alla possibile tregua. Durante una discussione tenutasi domenica sera in Consiglio dei Ministri, i funzionari della sicurezza dell’esercito hanno presentato una tabella di marcia dettagliata per la realizzazione della “città umanitaria”, il cui costo si prevede sia di decine di miliardi e richiedere più di un anno per essere completata. Troppo per Netanyahu e alcuni ministri che avrebbero sollecitato ad accorciare i tempi anche in modo animato. In precedenza si prevedeva il completamento della città in soli sei mesi. Netanyahu ha presentato il piano di Israele di separare la popolazione civile di Gaza da Hamas e trattenerla nel sud della striscia di Gaza quale “rifugio umanitario”, per consentire al conflitto di continuare dopo la tregua temporanea. Una tregua appunto che non può durare, a quanto pare, più di un anno, nelle loro intenzioni.
“I COMBATTIMENTI RIPRENDERANNO DOPO IL CESSATE IL FUOCO, SE NECESSARIO”
Infatti, nel corso della riunione, Netanyahu ha espresso il desiderio di giungere a un accordo di cessate il fuoco e a un’intesa con le parti interessate, ma ha osservato- secondo quanto riportato da Israel National News- che i combattimenti potrebbero riprendere, se necessario, dopo il cessate il fuoco, qualora le condizioni operative lo richiedessero. Più diretta la versione riportata da Channel 12: “Dopo la pausa, trasferiremo la popolazione della Striscia verso sud e imporremo un assedio al nord di Gaza”, avrebbe detto Netanyahu al ministro delle Finanze Smotrich, chiarendo la volontà di non mollare la presa militare.
HAMAS: “CON NEGOZIATI SI LAVORI PER LA FINE DELLA GUERRA E IL RITIRO ISRAELIANO”
Al contrario, a dimostrazione di quanto siano lontane le aspettative tra i due fronti, Aljazeera riporta che i “gruppi palestinesi”, ovvero Hamas e la Jihad islamica palestinese, dopo un incontro avuto nella giornata di domenica, affermano che i colloqui per la pace “devono portare alla fine della guerra e al completo ritiro israeliano”. In una dichiarazione congiunta a conclusione del vertice delle loro delegazioni hanno chiarito che “qualsiasi negoziato indiretto con Israele deve portare alla fine completa della guerra a Gaza, al completo ritiro israeliano dal territorio, alla riapertura dei valichi di frontiera tra Israele e Gaza e all’inizio della ricostruzione”.
“CITTÀ UMANITARIA, EUFEMISMO PER UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO”: IL MINISTRO CHIEDE IL LICENZIAMENTO IMMEDIATO DEL GIORNALISTA
Il progetto della città umanitaria è un tema ‘sensibile’. Dopo l’annuncio del ministro della difesa israeliano Katz, la scorsa settimana, dell’intenzione di costruire una “città umanitaria” sulle rovine di Rafah, nella striscia di Gaza meridionale, da cui ai palestinesi non sarebbe permesso di uscirne se non per recarsi in altri Paesi, le agenzie umanitarie, gli avvocati e i leader internazionali hanno condannato il piano, con alcuni che hanno definito l’annuncio di Katz simile a un “campo di concentramento”.
Sui media israeliani stessi sono apparse voci contrarie al progetto: il commentatore di Channel 12 News, Arad Nir, responsabile della redazione esteri, ha suscitato “indignazione” dopo aver affermato che il campo tendato che Israele sta allestendo per i civili di Gaza costituisce un “campo di concentramento”, paragonandolo ai campi nazisti usati contro gli ebrei. “Trasformare Rafah in un’area di rifugio umanitario- ha detto Nir– è un eufemismo per campo di concentramento, con l’intento di trasferirvi e convogliarvi la popolazione”. Tanto è bastato perché il ministro Amichai Chikli degli Affari della Diaspora, chiedesse l’immediato licenziamento da parte dell’emittente: “Le parole di Nir sono estremamente gravi- ha commentato il ministro- In primo luogo, equivalgono a una distorsione dell’Olocausto, se davvero vede una qualche somiglianza tra Buchenwald, Bergen-Belsen e i complessi di aiuti umanitari. In secondo luogo, le sue parole servono come arma per la propaganda nemica che cerca di disumanizzare e nazificare lo Stato di Israele”.
L’EX PRESIDENTE OLMERT: “È PULIZIA ETNICA”
Che il dibattito interno sia piuttosto animato, lo dimostrano anche le parole dell’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert che ha criticato dalle pagine del Guardian il piano di stabilire una “città umanitaria” a Rafah, dicendo che il complesso sarebbe in realtà un “campo di concentramento” e che portarvi con forza i palestinesi costituirebbe una “pulizia etnica”.
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